martedì 9 febbraio 2010

Lusaka e dintorni

Lusaka è una grande città con circa 2 milioni di abitanti che, a parte qualche bel viale alberato, non presenta nessun luogo di interesse. Ci sono un paio di cattedrali, una cattolica e l’altra anglicana, entrambe di recente costruzione ma niente di che dal punto di vista architettonico. Del passato coloniale non è rimasto praticamente nulla degno di nota, nemmeno qualche mostruosità come il Grande Hotel a Beira. Negli ultimi anni sono spuntati vari nuovi centri commerciali (copie di quelli disseminati ovunque in Sudafrica) e altri sono in costruzione ma la cosa non è particolarmente eccitante, almeno per me. In ogni caso sono venuto qui per vedere in quali attività sono coinvolti i miei confratelli e rendermi conto (molto superficialemnte) della situazione locale.

Chiese piene

Ho trascorso domenica mattina in una parrocchia nel quartiere di Kabwata, nella zona sud della capitale. Due messe, quattro ore. La prima, alle 7, in chinyanja (pronunciato ciniangia), la seconda, dopo le 9, in inglese. Chiesa stracolma alle 7 e piena per la seconda. È vero che le chiese istituzionali sono in crisi un po’ dappertutto ma qui in Zambia mi dicono che la partecipazione è ancor elevata e domenica ne ho avuto la prova lampante. Inoltre, tornando a casa, ho notato altre 5-6 chiese protestanti, lungo la strada che porta alla nostra parrocchia, tutte, a giudicare dalla gente che vi sostava attorno, ben frequentate.

Kabwata è una zona abitata da gente del ceto medio: il loro tenore di vita lo si deduce dall’abbigliamento e dal numero di macchine nel piazzale della chiesa. Facendo quattro passi nel quartiere si ha però la percezione di un notevole degrado: la strada che porta alla chiesa è malridotta con larghe pozzanghere fangose che costringono veicoli e pedoni a varie gimcane. Blocchi di appartamenti di due o tre piani mostrano notevoli segni di incuria e invano uno cerca qualcosa di grazioso e piacevole alla vista.

All’interno della chiesa la gente ascolta la Parola di Dio, prega, canta, balla. Molti hanno portato con se una copia della Bibbia per poter meglio seguire le letture del giorno. Esprimono una fede vibrante e viva. Non fuggono dalla realtà quotidiana, anzi: chiedono al Signore la forza e la serenità di affrontare gli ostacoli e le difficoltà che incontrano, di convertirsi e di cambiare il mondo in cui vivono. Individualmente ma soprattutto tramite la presenza di altri tanti credenti. Si diventa cristiani con e per mezzo di altre persone, uniti dall’amore di un solo Dio, condividendo la stessa fede e la stessa speranza.

Oppio dei popoli

Le baraccopoli che si estendono attorno ogni grande città africana hanno vari nomi: locations, townships, extensions. Qui a Lusaka sono generalmente chiamate compounds. Ieri ho trascorso il pomeriggio in una di loro, Bauleni, nella zona est della città. Dopo tutti questi anni non riesco ancora ad abituarmi alle miserabili condizioni di vita delle persone che abitano in queste aree. Così come non riesco a capacitarmi di come non scoppino frequenti e violentissime rivolte, contro il Governo, la ricchezza ostentata da alcuni in modo osceno, i quartieri benestanti. Lo so che probabilmente ciò peggiorerebbe la situazione ma mi aspetto sempre di trovare rabbia e disperazione tra questi quartieri poverissimi. E invece no. Stoica sopportazione? Mancanza di istruzione che permetta alla genta di preparare cambiamenti o almeno di pensarli possibili? Innata rassegnazione?

Mi hanno detto che a Bauleni (impossibile dire quanta gente ci abiti: decisamente qualche decina di migliaia di persone) ci sono 85 diverse denominazioni di chiese cristiane. In molte di loro si effettuano sessione di preghiera che promettono la liberazione da tutti i mali: fisici e morali. Sono entrato in un paio di esse. È uno spettacolo insolito con gente in una specie di trans che ripete in modo ossessivo parole dal sapore magico, con altri che gridano come invasati attorno a una persona per liberarla dagli spiriti maligni, con improvvise guarigioni e gente che stramazza per terra, visitata dal divino. In alcuni casi è certamente una maniera per ridurre stress e tensione, per sentire la solidarietà di altri esseri umani, per non impazzire nell’inferno di una esistenza ai limiti dell’umano. In pochissime di queste chiese però si parla di giustizia, di pace, di cambiamento. Della religione si preferisce il fattore oppiaceo, anestetico. Anche perchè spesso è un business che rende discretamente.

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