sabato 30 marzo 2019

Mozambico. Zona colpita dal ciclone. Dati aggiornati

Ecco i dati aggiornati a oggi, sabato 30 marzo, riferenti al disastro che ha colpito la zona centrale del Mozambico.

Questa mattina  l'istituto nazionale per la gestione delle calamità (INGC) ha aggiornato la situazione. Le vittime ufficiali sono 501. Questo numero purtroppo è provvisorio e non tiene conto delle vittime in zone lontane dai maggiori centri abitati. Nella località di Dombe, (vedi nella mappa) dove c'è una comunità di Padri Bianchi, una suora brasiliana dice che le persone colpite dall'alluvione sono 450, solamente in quella zona. Probabilmente il governo vuole avere l'assoluta certezza dei fatti prima di renderli pubblici.
Quello che segue è un vero e proprio bollettino di guerra: i feriti sono 1.523; 843.723.le persone colpite; 3318 le aule danneggiate; 150.854 gli alunni interessati, 53 ambulatorI/cliniche distrutti, 669.903 colture allagate, 56.095 le abitazioni totalmente distrutte e più di 28mila quelle parzialmente danneggiate.
Sul fronte delle buone notizie l'lNGC riferisce che furono salvate 140.784 persone e che 29.098 sono assistite. Nelle province di Sofala, Manica, Tete e Zambézia sono stati creati 161 centri di accoglienza/assistenza.

Preoccupano inoltre i casi di colera rilevati a Beira (140 ieri) e un numero imprecisato a Nhamatanda, a cento km dal capoluogo di provincia 

 Nelle foto, i mezzi di fortuna con cui gli abitanti della regione di Dombe hanno cercato di salvare le persone sorprese dall'inondazione avvenuta di notte.

Bidoni, fusti di banano, cortecce d'albero: imbarcazioni improvvisate che hanno tratto in salvo decine o forse centinaia di persone rifugiatesi sui tetti e negli alberi.


Suor Miriam, brasiliana, che vive e lavora a Dombe da vari anni, in un'intervista alla Radio televisione portoghese dice che nella zona sono 450 le persone che sono morte travolte dai fiumi in piena. Centinaia di povere abitazione sono state spazzate via. Ogni giorno nuovi cadaveri vengono recuperati sotto la sabbia che ha invaso campi e orti distruggendo tutti i raccolti.La caritas diocesana aiuta con distribuzione di riso, farina di granoturco e olio per cucinare.  
Ecco l'intervista (in portoghese)

mercoledì 27 marzo 2019

Il Mozambico colpito dal ciclone. Il lento e difficile ritorno alla normalità.

Lentamente, dopo lunghi giorni in cui Beira e dintorni sembravano immerse in un incubo senza fine, qualche parvenza di normalità sta tornando. Domani, a due settimane esatte dall'arrivo del ciclone Idai, le scuole e le facoltà universitarie tenteranno di riaprire i battenti. Non è sicuro che dappertutto si riesca anche perché si potrebbero scoprire che pur con tutta la buona volontà, in alcuni casi mancano le condizioni minime per riprendere le lezioni.


Parziale vista aerea della città di Beira prima del ciclone
Luce e acqua stanno tornando ma con una grande differenza da zona a zona. In varie sezioni della città di "cemento" ci sono sia l'una che l'altra; man mano che ci si allontana dal centro manca o l'una o l'altra o entrambe. Molta gente è obbligata a bere l'acqua di pozzi che non offre nessuna garanzia contro infezioni divario tipo. Il governo sta promuovendo una campagna di promozione per allertare la popolazione contro i rischi di bere acqua contaminata e ha fatto distribuire migliaia di kit per la purificazione di quel liquido vitale.
Si continua con la pulizia e lo sgombero dei detriti. Di ricostruzione si parla ancora poco perché mancano il materiale e i finanziamenti per avviarla e in ogni caso ci sono troppe emergenze da risolvere prima che si pensi ad un piano serio.
Non mancano le voci di chi consiglia a molta prudenza: i cambiamenti avvenuti attorno alla città e nel suo interno non fanno presagire molto di buono.
Quando si parla del futuro di questa città infatti, c’è un aspetto che non dobbiamo dimenticare, reso noto da uno studio dell' INGC (Istituto nazionale per la gestione di calamità naturali) nel 2009. In previsione di un innalzamento del livello del mare dato per certo, una parte della città finirebbe sott’acqua entro il 2030. Diventa quindi imperativo, passata l'emergenza, ripensare completamente il progetto di (ri)costruzione in aree vulnerabili.

Le acque dei fiumi Buzi ePungue continuano ad abbassarsi e questa è una bella notizia. Si teme però che affioreranno molte vittime per ora date per disperse. Ieri, con il ritrovamento di 37 cadaveri in avanzato stato di decomposizione nella zona di Dombe, il numero delle vittime aveva superato le 500 

lunedì 25 marzo 2019

Mozambico. Il dopo-ciclone.

Alcune buone notizie...

L’autostrada EN 6 che collega la città di Beira al resto del Paese e allo Zimbabwe è stata rattoppata nei punti in cui l’ondata di piena si era portata via dei tratti.. Questo significa che il trasporto di persone e di materiale per affrontare l’emergenza diventa molto più semplice.
In alcune zone della città è stata ripristinata l’energia elettrica anche se si tratta di zone molto limitate. Resta moltissimo da fare, cominciare dalle decine di pali della luce e di tralicci di alta e media tensione che sono stati sradicati dalla forza del vento e dai fiumi esondati. Anche l’acqua è tornata a sgorgare dai rubinetti alimentati dalla rete idrica. Questo significa accesso all’acqua potabile dopo dieci giorni in cui molti sono stati obbligati a bere e usare acqua contaminata e infetta.
I fornitori di reti cellulari e di internet sono riusciti a ristabilire la rete di comunicazione che era stata gravemente danneggiata.
I livelli dei fiumi Pungwe e Buzi si stanno abbassando ma la cittadina di Buzi (che sorge alla foce del fiume omonimo) rimane isolata. Sono soprattutto dei privati che trasportano i passeggeri verso Beira con ogni tipo di imbarcazione (spesso di fortuna) e si parla di un aumento significativo del “biglietto” anche se ricevono 100 litri di carburante per il servizio che offrono.

Da parte sua,  la Caritas diocesana è riuscita ad allestire tre serbatoi di acqua potabile nelle scuole Samora Machel e Amilcar Cabral e nella parrocchia di Sao José di Cluny.
Il salone del centro pastorale Dom Sebastiao è stato trasformato in magazzino e insede operativa della Caritas. I padri di Mafambisse (a una quarantina di km dalla città, lungo la EN6, si prodigano per garantire un pasto al giorno ai bambini alloggiati nei cinque centri (con 100 bambini ognuno) allestiti in quella località.


…e quelle brutte

Il numero ufficiale dei morti è salito a 450 nel solo Mozambico. Migliaia sono i dispersi di cui non si hanno notizie da venerdì 15. I centri di prima accoglienza per i senza tetto danno ospitalità a 110mila persone. In molti rioni le persone sono costrette a vivere nell’acqua putrida che circonda le loro abitazioni. Molte case non hanno un tetto per cui si è esposti alla pioggia che, pur in maniera più leggera, cade a tratti e al sole cocente di questa stagione. Si temono epidemie di colera e di tifo mentre acute forme di diarrea e di dolori intestinali sono già all'ordine del giorno. Si è registrato anche un forte aumento dicasi di malaria dovuto al fatto che migliaia di persone dormono senza la protezione delle loro case e senza zanzariere.
La casa parrocchiale di Sao Benedito (qui sopra) che fa parte della missione costruita da padre Cesare Bertulli (padre bianco) all’inizio degli anni cinquanta, è stata gravemente danneggiata.

Segnalo anche il breve documentario della BBC sulle conseguenze del ciclone Idai nella provincia di Sofala.



venerdì 22 marzo 2019

Arcivescovo di Beira. Secondo bollettino.


Carissimi amici, 

è già passata una settimana da quella tragica notte tra giovedì e venerdì nella quale il ciclone IDAI ha spazzato via molte vite (non si sa ancora esattamente quante), e danneggiato circa il 90% delle case, molte delle quali, le più precarie nei quartieri periferici distrutte. Ieri, giovedì, (vi scrivo stamattina, in questo momento sono le 5) è stato il primo giorno senza pioggia, ma stanotte, per non perdere l’abitudine ha fatto la sua breve pioggia, il sufficiente perché nella mia casa, le stanze asciugate dal lavoro dei seminaristi, ricevessero tutte la loro dose di acqua.L’unica strada che lega la città al paese è ancora interrotta e quindi gli aiuti non possono passare via terra. Nelle foto, la principale interruzione e un altro dei tratti rovinati. Molte persone hanno perso tutte le scorte di cibo e nei pochi magazzini rimasti, ci sono lunghe code, prezzi alti e pochi prodotti alimentari disponibili. L’acqua potabile e il cibo sono in questo momento l’urgenza principale. 

La commissione diocesana di emergenza continua a realizzare i suoi incontri quotidiani per coordinare assieme alla Caritas diocesana la risposta che ci è possibile. Oggi, venerdì, dovrebbero iniziare a funzionare tre punti di distribuzione dell’acqua con depositi nostri e riforniti dal camion che la diocesi ha comperato l’anno scorso per il progetto di perforazione pozzi. Stiamo tentando di recuperare alcuni prodotti di prima necessità da essere distribuiti ad alcune situazioni più gravi segnalate dai parroci attraverso il servizio di carità parrocchiale. 

Questa mattina avremo l’incontro dei parroci di queste 25 parrocchie presenti nell’area colpita. I membri della commissione incaricati dell’informazione stanno cercando di contattare le autorità, raccogliere informazioni, ascoltare la gente nei quartieri periferici e preparare qualche informazione da condividere. (Sto attingendo dal loro lavoro di ieri). La commissione sta cercando di realizzare un inventario dei danni alle parrocchie, opere sociali della diocesi, principalmente scuole, e alle case delle comunità religiose. 

Come vi dicevo, la grande preoccupazione della gente in questo momento è il cibo e l’acqua, pochi pensano a come rialzare la testa e ripartire. Speriamo che nei prossimi giorni, con l’arrivo di una nave di alimentazione in arrivo da Maputo e la riapertura dei collegamenti terrestri, si possa iniziare a guardare a una prima ricostruzione. A questa situazione già così difficile, si sono aggiunte le inondazioni provocate, oltre che dalle abbondanti piogge, anche dall’apertura delle dighe nel vicino Zimbabwe. Sono ancora più di mille le persone, tra loro due preti della diocesi, sui tetti della vicina cittadina di Buzi, dall’altra parte della baia di Beira a circa 25 km. Sembra che il livello delle acque stia lentamente abbassandosi. 

Una compagnia di pesca ha messo a disposizione un peschereccio attraccato all’uscita del fiume, per accogliere le persone che le piccole imbarcazioni stanno recuperando dalle case. Senza aiuti questa gente impiegherà anni a recuperare quello che in poche ore ha perso. Questo vale anche per le strutture pubbliche e anche per noi come diocesi. Molti di voi chiedono come aiutarci. Stiamo usando quanto abbiamo in cassa come diocesi, ma la caritas ha già ricevuto in questa settimana una somma da spendere per il poco che è recuperabile in loco. Penso che dovremo concentrarci nella ricostruzione, speriamo poter iniziare nelle prossime settimane. 

Daremo priorità alle scuole in modo che l’anno scolastico possa riprendere. Il ministero dell’educazione ha dato indicazioni di ricominciare già la prossima settimana anche a cielo aperto. La caritas ci sta mandando un centinaio di teloni da camion, potranno essere un primo passo per un minimo di normalità.

La diocesi di Vicenza aprirà un conto specificamente per l’aiuto alla diocesi di Beira in modo che non abbiate bisogno di fare bonifici per l’estero. Spero brevemente potervi dare le coordinate bancarie.
Sta già sorgendo il sole anche se le nuvole cercano di ostacolarlo.
Grazie per la vostra amicizia, ci fa bene.

Buona giornata.
Claudio, vescovo di Beira

giovedì 21 marzo 2019

Catastrofe ciclone Idai. Aggiornamenti sulla situazione a Beira e dintorni

Primo giorno senza pioggia

A otto giorni dall'arrivo del ciclone finalmente la pioggia è cessata. Un po' a macchia di leopardo sta tornando il segnale di alcuni operatori di telefonia mobile.
L'altro lato della medaglia presenta ancora una città senza acqua potabile, con il cibo che scarseggia, senza energia elettrica e senza via d'accesso con l'esterno. Per ora gli aiuti sono arrivati con navi, aerei e elicotteri.

Nuovo comunicato dell'arcidiocesi di Beira


La diocesi ha emanato un comunicato in cui si sottolinea della gravità della situazione, sottolineando che sono l’acqua potabile e il cibo ciò di cui la gente ha più bisogno.
La diocesi ha creato una commissione ad hoc per l’emergenza che coordina le risposte con la Caritas diocesana. A partire da domani dovrebbero entrare in funzione tre centri di distribuzione del prezioso liquido vitale. Si tenta anche di recuperare dei prodotti per la sopravvivenza da distribuire ai più
bisognosi in collaborazioni con le commissioni caritas parrocchiali.
Tutte le strutture nelle 25 parrocchie della diocesi hanno subito dei danni più o meno gravi e la Commissione per l’emergenza si occupa anche di questo.
Per moltissime persone ciò che interessa è sopravvivere. La ricostruzione, il recupero dei beni perduti, il pensare al dopo passano in secondo luogo quando non si ha né pane né acqua.
Forse è solo più drammatica la situazione che si sta vivendo nella vicina cittadina di Buzi (a sx) dove la vita di migliaia di persone è a rischio dovuto alle esondazioni dei fiumi Pungue e Buzi

Notizie dalle comunità dei Padri Bianchi

I Missionari d'Africa sono presenti in quatto comunità, due nella provincia di Sofala, il cui capoluogo è Beira e due nella provincia di Manica, con capoluogo Chimoio. Stanno tutti bene anche se uno di loro è vivo per miracolo. Di mattino molto presto, mentre era ancora buoi, la sua macchina è stata inghiottita dalle acque di un fiume che ha invaso la rete stradale ed è stata trascinata via dalla corrente. Fortunatamente padre Raphael Gasimba, è riuscito ad uscire dalla vettura e ad aggrapparsi ad un albero verso cui è stato scaraventato dalla furia delle acque. Lì, appollaiato tra i rami, ha atteso i soccorsi che sono arrivati qualche ora dopo quando si è fatto giorno.
La casa dei padri a Inhamizwa. Qualche danno causato dagli alberi caduti addosso all'abitazione

Tettoia scoperchiata sul retro dell'abitazione

Maestoso albero di mango sradicato come un fuscello

Situazione generale

Ci sono 36mila persone in 96 centri di raccolta. anche se fonti ministeriali suggeriscono che siano quasi il doppio.  40mila persone sono state tratte in salvo da tetti, alberi, isolotti e tronconi di strada.  Ma i numeri veri del disastro verranno alla luce solo fra qualche giono
Nuovi centri vengono aperti ogni giorno perché i senza tetto sarebbero 280mila.
Quasi tremila aule sono state distrutte o danneggiate e 39 ambulatori.

Le cause del ciclone

Da più parti si sente dire che dietro l'anomalia sconcertante del movimento del ciclone Idai (partito dal Canale del Mozambico come depressione tropicale, spostatosi sulla Zambesia e sul Malawi, ritornato nel Canale dove si è rafforzato, diretto verso il Madagascar per poi fare un'improvvisa retromarcia e scagliarsi , mostruosamente ingigantito, su Beira, il centro del Mozambico e lo Zimbabwe) ci sia la questione del riscaldamento globale. Chi mastica bene l'inglese troverà senz'altro interessante l'eccellente articolo di Matt McGrath, corrispondente della BBC e esperto di problemi legati all'ambiente. https://www.bbc.co.uk/news/science-environment-47638588

martedì 19 marzo 2019

Beira. Comunicato dell'Arcivescovo

Dopo giorni di isolamento, oggi l'Arcivescovo di Beira, l'italiano Claudio Dalla Zuanna, è riuscito a mandare alcuni messaggi approfittando del segnale di una compagnia telefonica che è stato ripristinato in una zona circoscritta della città.
Anche la casa del vescovo è stata scoperchiata e da quattro giorni vi piove dentro ininterrottamente.


Carissimi amici,

Il fragile tessuto urbano e sociale della città di Beira e dell’area lungo il chiamato “corridoio di Beira”, dove vive circa un milione di persone, nella notte tra giovedì 14 e venerdi 15 marzo è stato scosso da un uragano di forza 4 su una scala di 5, con venti attorno ai 200Km all’ora. Nella città: edifici scoperchiati e vetri in frantumi, alberi sradicati o spezzati, tralicci elettrici e antenne telefoniche abbattuti, nella periferia molte case abbattute. Le vittime di cui siamo a conoscenza sono varie decine, ma è difficile avere dei dati esatti perchè le reti telefoniche non funzionano e lo stato non ha la capacità di fare una raccolta dati.
Da giovedì non c’è corrente elettrica, acqua nella rete idrica, comunicazioni telefoniche e, anche l’unica strada che lega la città al resto del paese è stata interrotta dall’acqua. Questo messaggio parte grazie a un’antenna telefonica ristabilita nell’area dell’aeroporto, rimasto chiuso per tre giorni.
L’unico blocco operatorio di tutta la regione, quello dell’ospedale centrale, è stato scoperchiato ed allagato, reso quindi inoperativo. Le scuole, chiuse a tempo indeterminato. La maggioranza delle aule scolastiche hanno i tetti di lamiera, praticamente tutti questi sono stati divelti. La diocesi ha in questa area scuole per più di 9.000 alunni.
Il cibo per molte famiglie è già un’emergenza, ma anche in città oltre ai prezzi ulteriormente rialzati, le scorte sono limitate perché molti magazzini e negozi sono stati scoperchiati e le derrate alimentari perdute.
E... continua a piovere. Oltre alle case senza tetto e quindi tutto esposto alla pioggia, alcuni fiumi, alimentati dalle piogge del ciclone nelle aree dell’interno e nel vicino Zimbabwe, stanno straripando.
Delle 25 parrocchie che abbiamo in questa area, praticamente tutte hanno avuto dei danni più o meno gravi, tre chiese sono state letteralmente rase al suolo. Danni anche alle case dei sacerdoti che lavorano in queste parrocchie, al seminario (stavamo finendo di costruire il refettorio e la cappella), alla radio diocesana e a tante altre strutture diocesane. 

Anche la mia casa, a sx) dove funzionano anche gli uffici di curia, è completamente scoperchiata e quindi il primo piano, quello delle stanze da letto ... è rimasto a cielo aperto e quindi alla pioggia. Ci siamo “rifugiati” al piano terra ma con l’acqua che scende dalle scale e gocciola dal soffitto in molte parti.

In questo momento non c’è molto che si possa fare. I magazzini con materiale per coprire le case, nonostante i prezzi “ritoccati” per l’occasione, hanno venduto tutto in due giorni. Anche con materiale reperibile, ci sarà lavoro per mesi per le poche maestranze qualificate disponibili. Stiamo cercando di raccogliere dati per fare una lista dei danni almeno a livello di strutture, sgomberare i cortili dagli alberi caduti e dalle macerie cadute dai tetti.
Impressiona che con questo scenario, quando si chiede a qualcuno come stia, generalmente risponde con un sorriso: “bene”. In periferia, dove le casette sono molto precarie, tutte le lamiere volate dai tetti sono state raccolte e ognuno ha cercato di fare per la sua famiglia un piccolo rifugio, magari appoggiando un paio di lamiere alle uniche due pareti rimaste di quella che chiamava casa.
Anch'io quindi dico: “sto bene”. Cerchiamo di affrontare quello che viene ogni giorno, sperando almeno che ... smetta di piovere.
Un saluto a tutti
p. Claudio

Chiesa Nostra Signora di Fatima


Chiesa Sagrada Familia


Scuola Sagrada Familia


Seminario Buon Pastore

Seminario Buon Pastore


Chiesa Nostra Signora di Fatima






domenica 17 marzo 2019

Ciclone Idai, Beira e provincia. Aumentano le vittime

Secondo il quotidiano mozambicano O Pais, sono già 68 le vittime del ciclone e delle inondazioni nel capoluogo Beira e nella provincia di Sofala. 55 le vittime a Beira e 13 a Dondo. I feriti sarebbero più di 1.500.
Le abbondanti piogge durante e al seguito del ciclone Idai hanno fatto paurosamente ingrossare i fiumi che scorrono da occidente a oriente, gettandosi nell'Oceano Indiano. Uno di questi, il Mutua, ha portato via una sezione dell’autostrada EN 6 che collega Beira allo Zimbabwe.
Il capoluogo della provincia di Sofala rimane isolata dal resto del Paese tranne che per via aerea.
più di 500mila persone sono senz'acqua potabile, elettricità, rete mobile e internet e carburante.

Nelle foto i danni causati alla EN6 nella località di Tica


https://twitter.com/i/status/1107319849267724288









sabato 16 marzo 2019

Ciclone IDAI lascia scia di sangue e distruzione in Mozambico


Più di mezzo milione di persone al buoio e senza accesso alla rete di comunicazione e una ventina di vittime nella sola città di Beira. Il disastro ha colpito dopo una settimana di piogge intense e alluvioni devastanti che hanno interessato la regione centro-nord del Mozambico

Venti che hanno soffiato a 170 km/h accompagnati da piogge torrenziali hanno messo in ginocchio la città costiera di Beira che con i suoi 500mila abitanti è la seconda città del Mozambico.

Tralicci e alberi abbattuti, case scoperchiate o spazzate via dalla furia degli elementi, strade trasformate in torrenti in piena: questo lo scenario che si presentava ieri pomeriggio quando il ciclone cominciava a perdere di intensità.

Scuole, negozi, aeroporto, porto e stazione ferroviaria sono stati chiusi; l'ospedale centrale di Beira ha dovuto sospendere anche le operazioni più urgenti a causa delle condizioni climatiche.
La città è ancora senza energia elettrica e senza rete mobile: solo la linea fissa ha ripreso a funzionare.
Le piogge insistenti che si sono abbattute sul centro nord del Mozambico ma anche nel vicino Malawi e Zimbabwe hanno provocato alluvioni e smottamenti, una settantina di vittime, centinaia di feriti e 17mila senzatetto.


venerdì 15 marzo 2019

Beira al buio dopo il passaggio del ciclone IDAI

Beira, la seconda città del Mozambico, è stata colpita direttamente dall'assalto frontale del ciclone Idai. Una delle immediate conseguenze è che i suoi 500mila abitanti sono rimasti al buio a causa dell'allagamento delle centrali elettriche.
La città è così isolata, senza telefono e collegamento internet. Solo nei prossimi giorni sarà possibile fare un'accurato bilancio di tutti i danni.
Per ora non si riportano vittime.

Immagini del disastro
L'acqua, più del vento, è la principale causa di danni estesi