lunedì 25 marzo 2019

Mozambico. Il dopo-ciclone.

Alcune buone notizie...

L’autostrada EN 6 che collega la città di Beira al resto del Paese e allo Zimbabwe è stata rattoppata nei punti in cui l’ondata di piena si era portata via dei tratti.. Questo significa che il trasporto di persone e di materiale per affrontare l’emergenza diventa molto più semplice.
In alcune zone della città è stata ripristinata l’energia elettrica anche se si tratta di zone molto limitate. Resta moltissimo da fare, cominciare dalle decine di pali della luce e di tralicci di alta e media tensione che sono stati sradicati dalla forza del vento e dai fiumi esondati. Anche l’acqua è tornata a sgorgare dai rubinetti alimentati dalla rete idrica. Questo significa accesso all’acqua potabile dopo dieci giorni in cui molti sono stati obbligati a bere e usare acqua contaminata e infetta.
I fornitori di reti cellulari e di internet sono riusciti a ristabilire la rete di comunicazione che era stata gravemente danneggiata.
I livelli dei fiumi Pungwe e Buzi si stanno abbassando ma la cittadina di Buzi (che sorge alla foce del fiume omonimo) rimane isolata. Sono soprattutto dei privati che trasportano i passeggeri verso Beira con ogni tipo di imbarcazione (spesso di fortuna) e si parla di un aumento significativo del “biglietto” anche se ricevono 100 litri di carburante per il servizio che offrono.

Da parte sua,  la Caritas diocesana è riuscita ad allestire tre serbatoi di acqua potabile nelle scuole Samora Machel e Amilcar Cabral e nella parrocchia di Sao José di Cluny.
Il salone del centro pastorale Dom Sebastiao è stato trasformato in magazzino e insede operativa della Caritas. I padri di Mafambisse (a una quarantina di km dalla città, lungo la EN6, si prodigano per garantire un pasto al giorno ai bambini alloggiati nei cinque centri (con 100 bambini ognuno) allestiti in quella località.


…e quelle brutte

Il numero ufficiale dei morti è salito a 450 nel solo Mozambico. Migliaia sono i dispersi di cui non si hanno notizie da venerdì 15. I centri di prima accoglienza per i senza tetto danno ospitalità a 110mila persone. In molti rioni le persone sono costrette a vivere nell’acqua putrida che circonda le loro abitazioni. Molte case non hanno un tetto per cui si è esposti alla pioggia che, pur in maniera più leggera, cade a tratti e al sole cocente di questa stagione. Si temono epidemie di colera e di tifo mentre acute forme di diarrea e di dolori intestinali sono già all'ordine del giorno. Si è registrato anche un forte aumento dicasi di malaria dovuto al fatto che migliaia di persone dormono senza la protezione delle loro case e senza zanzariere.
La casa parrocchiale di Sao Benedito (qui sopra) che fa parte della missione costruita da padre Cesare Bertulli (padre bianco) all’inizio degli anni cinquanta, è stata gravemente danneggiata.

Segnalo anche il breve documentario della BBC sulle conseguenze del ciclone Idai nella provincia di Sofala.



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