mercoledì 3 ottobre 2012

Tre mesi dopo...


Tre mesi! Sembra ieri ma sono già passati tre mesi dal mio rientro dall’Italia dopo il “Giugno d’oro”, anzi d’argento, che ho avuto la fortuna di trascorrere con tante persone care. Uno di loro mi ha fatto notare che la pagina del 25° cominciava ad essere datata, anche perché giustamente ormai mi trovo già nel 26°!
Quindi, bando alle ciance e cerchiamo di riassumere questi ultimi 90 giorni.

 

Corso a Città del Capo


                                                                                          

Alcuni partecipanti al seminario.Sullo sfondo, Table Mountain
 


A poco più di una settimana dal mio ritorno a Lusaka, partivo alla volta di Città del Capo per un corso di formazione organizzato dal CPLO che è lo strumento ufficiale di collegamento tra la Conferenza episcopale sudafricana da una parte e il Governo e il parlamento di quel paese dall’altra. Il contenuto del corso ruotava attorno al termine “advocacy”, una di quelle parole inglesi tanto di moda ma difficilmente traducibili con un solo vocabolo.
“Tutela dei diritti” (delle fasce più deboli) mi sembra illustrarne abbastanza bene il concetto. In pratica, attraverso una serie di presentazioni e seminari abbiamo toccata aspetti come partecipazione attiva in una democrazia, la dottrina sociale della Chiesa, come presentare un emendamento in Parlamento, come trovare risorse e fondi, etc.
Eravamo una dozzina di persone, sacerdoti e laici, impiegati e studenti, provenienti da vari paesi dell’Africa australe. È stato un corso proficuo e  arricchente.



Sul traghetto per Robben Island.
Cape Town & Table Mountain sullo sfondo
Luglio è inverno pieno al Capo e uno dei mesi più piovosi, con burrasche improvvise e violente che arrivano dall’oceano aperto.  Abbiamo avuto però anche la fortuna di giornate calme e soleggiate e ne abbiamo approfittato per un tour sulla Lion’s Head, (la collina da cui si può ammirate tutta la città) e un’escursione a Robben Island, l’isola su cui sorgeva la prigione dove Nelson Mandela trascorse 18 lunghi anni di carcere duro.
Prima dell’inizio del corso ho fatto anche un salto a Franschhoek, cittadina nel cuore dei vigneti che si estendono a nord di Città del Capo.
Fu fondata nel 1688 dai rifugiati francesi ugonotti provenienti dall'Olanda, in fuga dalle loro terre di origine. Con loro portarono alcune piantine di vite e il risultato è che tre secoli dopo questa è una delle zone più famose in tutto il mondo per la produzione di ottimi vini che abbiamo avuto modo di assaggiare in abbondanza visto che era la festa della presa della Bastiglia, qui particolarmente sentita e celebrata.
Ho incontrato Nick, vecchia conoscenza di Johannesburg, che qualche anno fa ha chiuso il suo studio di libero professionista, ha comperato una "signora" fattoria e si è messo a produrre champagne locale. Con ottimi risultati.


Avanti e indietro dal Malawi



Mua, monumento. Arrivo dei Padri Bianchi (1902)
La Zambia confina ad est con il Mozambico e il Malawi, aesi dove i Padri Bianchi sono presenti rispettivamente dal 1953 e dal 1902. E in Malawi, proprio nel luogo dove i primi tre Padri Bianchi arrivarono agli inizi del secolo scorso, mi sono recato due volte, ad agosto e a settembre. Il posto si chiama Mua e la missione (ora parrocchia) è ancora il centro di riferiemnto per la popolazione del luogo.
Sul terreno della missione sorge il centro culturale di Kungoni, partorito dal genio artistico di padre Claude Boucher e portato avanti con determinazione e cocciutaggine per oltre 35 anni. Nulla dura per sempre però e quindi è urgente pensare all’avvenire di Kungoni nell’epoca post-Boucher e la faccenda è tutt’altro che semplice. Ad ogni modo è stato costituito un comitato di transizione, di cui faccio parte, che, dopo un attento studio della situazione, ha cominciato a produrre proposte concrete per l’immediato futuro.
Su Kungoni c’è parecchio materiale in rete, quasi tutto in inglese. Ci sono però vari video che non hanno bisogno di traduzione. Cercatelo con Google.





Brutta avventura



Padre Boucher e Gama, il suo braccio destro
A Mua, in entrambe le occasioni,  ho incontrato gli affabili e simpatici Stefano e Francesca, una coppia italiana innamorata di quest’angolo di Africa al punto da trasferirvisi e portare avanti la loro attività di operatori turistici (vedere www.africawildtruck.com).
Proprio dopo il nostro secondo incontro, conclusosi la sera attorno a un bel caffè all’italiana e a un bicchiere, nel cortile interno della missione, e dopo aver commentato che in pochi Paesi africani ci sente così sicuri come in Malawi, padre Claude Boucher, che vive da solo al centro a un centinaio di metri dalla parrocchia, veniva aggredito in camera sua da 4 balordi mascherati e armati che lo hanno derubato di soldi e oggetti. Allertati da una chiamata di Gama, il suo factotum nonché vicino di casa, ci siamo precipitati sul posto dove l’abbiamo trovato scosso e spaventato ma con solo qualche graffio ed ecchimosi superficiali, segno che i malviventi  erano più interessati a fargli paura che a fargli del male. Era la prima volta che gli capitava in 35 anni di vita a Mua ma è di sicuro un campanello d’allarme che farà bene a non ignorare.

L’opera di una vita



Una maschera del Gule Wamkulu
Sempre a Mua, Claude ci ha presentato con orgoglio e soddisfazione il libro a cui ha lavorato durante una vita intera. Il soggetto dell’opera è il Gule Wamkulu (la grande danza) dell’etnia Chewa, che in poche parole è una danza rituale eseguita alla fine delle cerimonie d'iniziazione (chinamwali) delle ragazze, durante i matrimoni, i funerali e l’insediamento dei capi locali.
Il Gule Wamkulu è un mondo di riti, di insegnamenti pubblici e di pratiche segrete. Internet offre molto materiale a proposito. Per chi volesse dare un’occhiata al libro di padre Claude e al materiale inedito che probabilmente verrà pubblicato sulla rete consiglio di visitare il sito www.kasiyamaliro.org
Chi volesse acquistare il libro (40 euro e in inglese) può farmelo sapere e troverò il modo di farlo arrivare in Italia. Attenzione però: si tratta di un lavoro erudito di ricerca, non il classico coffee table book!


 

mercoledì 4 luglio 2012

25° di sacerdozio

Sono appena rientrato a Lusaka dopo un mese di celebrazioni e festeggiamenti in occasione del mio 25° anniversario di ordinazione.
Grazie per la vostra amicizia, simpatia, interesse in chi sono e quello che faccio; per la vostra generosità e vicinanza, il vostro affetto, incoraggiamento e le vostre preghiere.
Quello appena trascorso è stato un mese intensissimo e ricco di calore umano che ha di molto sorpassato i picchi di caldo "africano" che si sono fatti sentire.
Un grande abbraccio a tutti voi, a quelli che ho visto e a quelli che ho solo sentito per telefono o solo pensato con la mente e il cuore; a chi ha potuto partecipare fisicamente a tanti momenti di festa e a chi ha dovuto rinunciarvi. Dio vi benedica e vi protegga sempre.




venerdì 13 aprile 2012

Appunti di Pasqua

Pasqua è passata anche se la Chiesa ci mette a disposizione 50 giorni per approfondire i grandi misteri celebrati durante il Triduo. A proposito di quest’ultimo, ho celebrato la messa del giovedì santo nella parrocchia vicina. Cerimonia ben preparata, chiesa gremita, coro che ha cantato davvero bene. E tutti si sono fermati per la veglia di preghiera che è seguita.

Passione e pipistrelli
Il venerdì santo sono partito per il lago Kariba, il maggiore specchio d’acqua artificiale al mondo. Ho scoperto di avere un parente qui a Lusaka che ha la seconda casa sulle sponde del lago e che mi ha invitato a trascorrere Pasqua con lui e la famiglia. Appena siamo arrivati a Siyavonga, io mi sono precipitato nella chiesa del posto appena in tempo per la celebrazione della Passione del Signore. All’ingresso mi è arrivato subito sotto il naso il tipico odore di sterco di pipistrello. I solai delle chiese sono un luogo preferito per queste piccole bestiole che però, stando appese a testa in giù, fanno i loro bisogni che si accumulano sul soffitto. Per chi lo ha sniffato, l’odore non è proprio quello di mammola, per cui ho cercato di piazzarmi in un posto dove ci fosse un po’ di corrente d’aria.

Vigilia movimentata
Il giorno dopo, sabato santo, è stata una tranquilla giornata di relax , lettura, contemplazione di quello stupendo angolo di lago dove il cugino Marco ha costruito la sua casa. Verso le 4  del pomeriggio ci siamo tutti sistemati sulla barca (praticamente un salotto galleggiante a motore) e ci siamo diretti verso il centro del lago per un “sundowner”, cioè un aperitivo mentre si contempla il sole che sparisce all’orizzonte. E l’effetto è stato spettacolare perché mentre il sole tramontava, dalla parte opposta,una gigantesca luna piena emergeva dalle acque.
 Tornati a notte fatta (il sole tramonta verso le 18) Marco e famiglia si sono avviati alla cena imbandita in casa di amici e io li ho accompagnati per poi avere la macchina. Il tempo di un aperitivo e poi via! di corsa alla veglia pasquale. L’inizio è stato un po’ in sordina con una gigantesca catasta di legno che non voleva saperne di accendersi e con le centinaia di persone radunate sul piazzale che hanno cominciato a far caciara. Poi, una volta avviata la processione col cero pasquale, un folto gruppo si è avvicinato all’entrata della chiesa, tenuti a bada con difficoltà da una suora che impediva loro l’ingresso prima del tempo. A un certo punto però la massa ha rotto gli argini e la suora si è scansata in fretta per non essere trascinata via  dalla fiumana di persone che si è riversata all'interno. Da lì in poi però tutto è proceduto con ordine con il coro che si è scatenato cantando a squarciagola e ondeggiando al ritmo di una serie di tamburi percossi con veemenza e bravura da giovanotti desiderosi di sfoggiare le loro abilità. Il tutto è durato 3 ore; neanche male visto la quarantina di battesimi di adulti e la lunga liturgia della vigilia.
Baia fantasma
Per pranzo domenica abbiamo deciso di fare un picnic in una località distante un’oretta in barca ma il tentativo è (parzialmente) fallito. Da poco usciti al largo, abbiamo incrociato un motoscafo in panne che abbiamo rimorchiato al porticciolo di partenza. Ci sono stati momenti di ilarità quando Nicholas (figlio di Marco), nel tentativo di trainare il pesante scafo con un canotto leggero, per poco non è finito in acqua ma a pensarci bene c’era poco da ridere perché ci sono coccodrilli nella zona!

Alla fine abbiamo legato il motoscafo alla barca e il tutto è proceduto bene, anche se a rilento. Più di un’ora dopo siamo ripartiti di nuovo e la navigazione non ha conosciuto nessun intoppo fino a quando c’è stato da decidere se tenere la destra o la sinistra di un’isola. Le donne, che insistevano per rimanere vicino alla riva tenendo la destra, sono state zittite con l’accusa di mancanza di senso dell’orientamento, con il risultato che siamo finiti fuori rotta e abbiamo pranzato in mezzo al lago piuttosto che nella baia dove eravamo diretti. Ma il tutto si è risolto con gran risate e facendo festa alla tavola imbandita.

giovedì 5 aprile 2012

Buona Pasqua

Oggi comincia la solennità più importante dell’anno per i cristiani e cioè il Triduo Pasquale.  È davvero una grande festa in cui facciamo memoria e torniamo presente la sconfitta di ogni forma di tenebre e di peccato e il trionfo della vita, del perdono, dell’amore.
Quest’anno sono tornato a riflettere su quella che molti biblisti considerano la fine originale del vangelo di Marco (16,1-8)e su cui, ben 25 anni fa, scrissi la mia tesina di laurea.


E proprio meditando su questa conclusione insolita voglio farvi un augurio altrettanto “insolito”: che quest’anno le celebrazioni pasquali ci portino un po' di sana inquietudine per non rimanere “storditi” e immobili nella mente e nel cuore, e la giusta dose di timore e tremore davanti al mistero della nostra redenzione.


Spostamenti  recenti

Sudafrica  (KwaZulu-Natal)
 Viaggiare fa  parte del mio nuovo incarico a livello di ciò che nel nostro linguaggio chiamiamo Provincia (e che altro non è se non la regione dell’Africa meridionale dove siamo presenti e che comprende 4 Paesi: Malawi, Mozambico. Sudafrica e Zambia). All’inizio di marzo è arrivato da Roma Richard Nnyombi, ugandese, incaricato a livello della congregazione di coordinare le iniziative nel campo di giustizia e pace, dialogo e incontro e rispetto per il creato. Era in visita alla nostra provincia e mi è stato chiesto di accompagnarlo, cosa che ho fatto con molto piacere. Ci siamo dati appuntamento a Johannesburg  il 29 febbraio e il giorno dopo Philippe, un padre bianco belga, compagno di studi di teologia a Londra, ci ha dato un passaggio fino a Cedara, nelle verdi colline del KwaZulu Natal, a 500 km in direzione sud-est, dove abbiamo una delle nostre case di formazione per gli studenti di teologia. Abbiamo trascorso 3 giorni con la comunità, incontrando i giovani e lo staff e condividendo, seppur brevemente, le gioie , le ansie e le sfide di un simile centro. Da Cedara siamo tornati a Johannesburg in uotubus. Nel KwaZulu pioveva a dirotto, per effetto del ciclone Irina che tra l’altro aveva seriamente minacciato le coste meridionali del Mozambico prima di scaricarsi in oceano aperto.

Mozambico (Beira,  Manga e Tete)
Da Johannesburg, dove abbiamo incontrato i confratelli che vivono nell’area della grande metropoli sudafricana, siamo partiti per Beira il giorno 6 dmarzo. Sono rimasto una decina di giorni (Richard ha proseguito da solo per il Malawi) e poi sono tornato in Zambia in macchina, con tre confratelli che venivano a Lusaka per una riunione. Le giornate a Beira sono state una girandola di incontri, inviti, chiacchierate interessanti e piacevoli e dimostrazioni di profonda amicizia.
Sono anche  passato più volte dall’orfanatrofio ed è stato commovente vedere la gioia dei più piccoli che dopo un iniziale momento di sorpresa, mi hanno assediato come se non mi fossi mai allontanato. Il numero è aumentato di 4 unità e l’impresa di sfamare e di mandare a scuola più di 150 bambini/ragazzi e ragazze è sempre più ardua. Ringrazio tutti coloro che ci hanno aiutato e continuano a farlo. Anche se oramai vivo a 1000 km di distanza, cerco di fare la mia parte perché gli aiuti continuino ad arrivare e per mantenere vivo il contatto con i benefattori. Del resto chi porta avanti l’opera è suor Delfina e i suoi  collaboratori sul posto e questo dà ottime garanzie di continuità.
Sulla strada del ritorno a Lusaka (1400 km di buona strada, tranne i primi 200 che sono un autentico disastro) abbiamo pernottato a Tete, una cittadina che fino a qualche anno fa languiva sonnolenta (anche per via del caldo infernale che la contraddistingue) lungo la sponda del placido Zambesi e dove gli unici rumori erano i grugniti degli ippopotami che popolano il grande fiume. Oggi Tete ricorda le città della corsa all’oro. È una vera e propria boom town anche se l’oggetto delle brame non è il luccicante, nobile metallo ma il vile e sporco (ma utile e prezioso) carbone di cui si è scoperto, nella zona, uno dei maggiori giacimenti al mondo.

Ritorno a Lusaka

Abbiamo raggiunto la capitale dello Zambia sabato 17, dopo un viaggio di 2 giorni, lungo e a volte tedioso ma senza inconvenienti. Lunedì 19 ho aperto i lavori di un seminario a cui hanno partecipato vari nostri coordinatori di Giustizia e pace provenienti dai 4 paesi della nostra Provincia. È stata un’occasione importante per conoscerci meglio, condividere i nostri sforzi, successi e frustrazioni e per cercare di individuare delle priorità comuni

domenica 12 febbraio 2012

ZAMBIA CAMPIONI D'AFRICA

Zambia celebrate a shock win over Ivory Coast Foto Getty

E' fatta! Lo Zambia è campione d'Africa dopo una finale non bella dal punto di vista tecnico ma estremamente interessante da quello agonistico.
La storia si è ripetuta come nella semifinale contro il Gana: rigore sbagliato dalla squadra favorita (questa volta era la Costa d'Avorio) e la compagine zambiana che ci crede fino alla fine. Questa volta hanno deciso i rigori dopo 120 minuti di gioco. I Chipolopolo (questo il nome della squadra che significa proiettili) hanno abbattuto gli Elefanti ivoriani.
Molti zambiani se la sentivano che sarebbe andata così. Il fatto che sulla spiaggia vicino a Libreville, la capitale del Gabon dove si è disputata al finale, fosse precipitato nel 1993 l'aereo che trasportava la nazionale di quei tempi (quella che rifilò 4 gola all'Italia nel 1988!) che perì interamente nel disastro, era stato interpretato come un segno del destino. Gli spiriti dei morti di 20 anni fa, dicevano in vari, avrebbero senz'altro aiutato i piccoli Davide di oggi a sconfiggere i Golia dell'Africa dell'ovest.
Qualsiasi cosa ne pensiate, il risultato è lì davanti agli occhi e vi posso garantire che anche gli scettici si uniranno alla festa che questa notte terrà sveglia tutta la Zambia!

mercoledì 8 febbraio 2012

TEMPUS FUGIT

Il tempo fugge, si è soliti dire, e col passare degli anni questo adagio mi sembra diventare sempre più reale e a volte persino inquietante. Non mi sembra vero per esempio che l’ultima entrata di questo blog risalga all’ottobre scorso (se non si tiene conto dei post in twitter) ma tant’è: i fatti sono sotto gli occhi e non mi resta che rimboccarmi le maniche.

La saga dei visti


È da un mese che mi trovo a Lusaka. Tra l’altro ieri sono andato a rinnovare il mio visto perché chi di dovere non si è ancora mosso per farmi avere un permesso di soggiorno. Il fatto è che il visto con cui ero entrato non prevedeva un rinnovo e quindi, in teoria, oggi avrei dovuto fare le valigie e andarmene. Ma il personale dell’Ufficio immigrazione è stato molto carino. Con molta calma, ma davvero molta!, si sono consultati e hanno cominciato a scartabellare faldoni enormi, (continuamente interrotti da squilli di telefono, gente che arrivava con altre richieste, commenti sul tempo, pettegolezzi, episodi ilari e altro ancora). Un ufficiale mi ha offerto delle noccioline e un altro una bottiglia di acqua minerale. E dopo un’oretta avevo un timbro nel passaporto e un altro mese come “legal immigrant” in Zambia. Non credo che molti stranieri vengano trattati così nelle patrie questure! E speriamo che in questo mese chi deve muoversi per farmi avere il permesso si muova!

Arrivederci Mozambico

Sono partito da Beira la vigilia di Natale. Novembre e dicembre sono stati mesi caldissimi e molto occupati, con la fine dei corsi alla Cattolica, gli esami, la cerimonia di consegna dei diplomi, gli impegni con l’orfanatrofio Santi Innocenti,il trasloco e gli addii.
Lusaka si trova a meno di 1000 km in linea d’aria da Beira ma non ci sono collegamenti diretti e in macchina diventa complicato perché bisogna attraversare due frontiere (c’è lo Zimbabwe in mezzo) con i ritardi che questi passaggi obbligati comportano. In ogni caso penso di tornarci un paio di volte l’anno anche perché intendo continuare il mio sostegno al centro Santi Innocenti. Ne approfitto qui per ringraziare tutti quelli che hanno mandato offerte per adozioni a distanza o per contribuire a mettere il cibo in tavola ogni giorno. La vostra generosità è sempre un piccolo miracolo di bontà che si rinnova. Per ogni richiesta, conferma, informazione vi ricordo la mia mail: c_zuccala@hotmail.com
Non un addio quindi ma un arrivederci. Chissà, fra qualche anno le cose potrebbero cambiare in meglio, i Padri Bianchi potrebbero avere le idee più chiare su quello che possono offrire alla chiesa del luogo e magari in un luogo un po’ più salubre che Beira e dintorni. E allora, se non andrò in pensione alle Mauritius, può sempre darsi che ritorni a lavorare nella “perla dell’Oceano Indiano”.

L'orfanatrofio

Negli ultimi due mesi di permanenza e approfittando dell’avvicinarsi del Natale, ho contattato una serie di imprese, fabbriche e associazioni per chiedere una mano per l’orfanatrofio. La risposta è stata incoraggiante: non solo abbiamo ricevuto denaro, cibo, medicine, indumenti e materiale scolastico ma anche qualche offerta di impiego per i giovani più grandi che possono già dare un piccolo contributo e costruire il loro futuro. Grazie a email, skype e altro posso anche mantenere i contatti a distanza. Beira è una città che pur tra mille difficoltà e problemi mostra segni di sviluppo ( anche se i benefici sono solo per una élite molto ristretta) e ci sono entità sul posto che possono dare una mano. L’importante è bussare a tutte le porte con il risultato che ogni tanto se ne apre qualcuna.

Natale e Capodanno in Sudafrica

Per il cenone di Natale sono stato da Nicky e Steven (che anni fa mi regalarono un soggiorno fantastico nel Sussusvlei Lodge, nel deserto della Namibia)in compagnia dei loro parenti e amici. Il giorno seguente invece l’appuntamento era a casa di Annette e Andrea (dov’ero ospitato) per un braai, la tipica grigliata sudafricana ma con un vari ritocchi di pura marca italiana visto che Andrea ha le sue radici in Italia essendo figlio di un toscano e di una pugliese. C’è stato qualche tuono e una spruzzatina di pioggia (tipico temporale estivo da quelle parti, a 1700 mt di altezza) ma la festa non è stata minimamente rovinata. Io poi alle grigliate interrotte dalla pioggia ho fatto il callo!
Dopo alcuni giorni a Johannesburg ho raggiunto i cari Craig e Vanessa e le loro vivacissime e graziose bimbe a Zinkwazi, una piccola stazione balneare distante un’ottantina di km dall’importante città portuale di Durban. Sono stati giorni di assoluto relax e di piacevole divertimento .

Campo base a Lusaka

Qui ho raggiunto la comunità che si occupa del centro
“Fenza”. Ci troviamo in periferia ma non troppo, nel senso che la città si sta estendendo tanto rapidamente che non c’è soluzione di continuità tra il centro e la perifeira. E in effetti Lusaka, pur essendo al capitale, non ha un vero e proprio centro ma vari punti pulsanti dove c’è movimento dovuto a varie attività: lavoro, compere, divertimento. Fenza è un’istituzione dei Padri Bianchi,aperta 5-6 anni fa, che si propone di favorire il dialogo e l’incontro ecumenico e culturale tra le varie chiese e sette presenti in Zambia ma non solo. Abbiamo anche una biblioteca ben fornita nei campi della spiritualità, religioni e storia della Chiesa, un archivio con materiale inedito sull’inizio della chiesa in Zambi e vari ambienti per incontri, conferenze, seminari etc.
Offriamo anche corsi di lingua per i due idiomi più comuni nel paese (CiNyanja e CiBemba) e un’introduzione agli usi e costumi locali per coloro che arrivano per la prima volta in Zambia. In comunità siamo in quattro, gli altri tre sono due tedeschi e uno zambiano.
Pur non essendo parte dello staff del Centro, cerco di dare una mano quando mi viene richiesto. Per quel che riguarda il mio ruolo di Coordinatore dovrò fare un lungo lavoro di preparazione prima di capire bene come muovermi. Il primo passo in questo senso è la preparazione di un seminario che avrà luogo dal 19 al 24 marzo qui a Lusaka e che mi darà la possibilità di incontrare i confratelli che sono impegnati nei settori di giustizia e pace, incontro e dialogo, rispetto per il creato, di conoscere le loro attività e di evidenziare i punti più importanti.


Breaking News!!!

Pochi minuti fa Bauleni, il popoloso e popolare rione che si estende oltre il nostro muro di cinta, è esploso. Di gioia e soddisfazione. La nazionale zambiana conosciuta come Chipolopolo (pallottola, proiettile) ha sconfitto, un po’ a sorpresa, il Ghana ed ha prenotato un posto nella finale della Coppa delle Nazioni Africane. La festa continuerà certamente fino a notte fonda e sarà di sicuro il delirio se lo Zambia dovesse emergere trionfante dalla finale che si giocherà domenica in Libreville, la capitale del Gabon. Fu proprio vicino a quella città che nel 1993 l'intera nazionale zambiana perì in un incidente aereo. Lo Zambia era allenata fino a pochi mesi fa dall’italiano Dario Bonetti che portò l’undici zambiano alla fase finale del torneo in corso ma che venne poi misteriosamente silurato 48 ore dopo aver conseguito quell’importante traguardo.

lunedì 3 ottobre 2011

Ritorno in Malawi



Situazione difficile

Sono appena tornato da una decina di giorni in Malawi dove mi sono recato a visitare i nostri centri di Kungoni e Kanengo come prima tappa del mo nuovo incarico. Il Malawi è un Paese in preda a una crisi profonda. Il primo responsabile è, a detta di tutti, il governo liderato dal presidente Bingu Wa Mutarika che, dopo un primo mandato in cui si era distinto per un lavoro ben fatto, sta ora commettendo una serie di errori grossolani a tutto campo e mostrando una distinta vena autoritaria e dittatoriale che fa pensare al vecchio dittatore Kamuzu Banda che per più di trent’anni governò il Malawi con un pugno di ferro.

Una delle prime cose che colpiscono sono le piazzole deserte di buona parte dei distributori (segno che non c’è carburante) oppure le lunghe file di mezzi (segno che qualcosa c’è o che sta per arrivare). Alcuni giorni manca la benzina, altri il gasolio, spesso entrambi. A tal punto che la gente ha trasformato l’acronimo DPP (Democratic Progressive Party, il partito al potere) in Diesel Petrol Palibe (che in Chichewa /Inglese significa “Manca benzina e gasolio”!)

Mancanza di carburante significa mancanza di trasporto e quindi difficoltà nella distribuzione dei beni di consumo con tutte le conseguenze che ne derivano. La situazione resta tesa e i 18 morti inseguito a manifestazioni popolari occorse il 22-23 luglio scorso ne sono un triste ricordo e una minaccia che si potrebbe ripetere.


Viaggio a Mua

All’indomani del mio arrivo alla capitale, Lilongwe, sono già in viaggio alla volta della missione di Mua. In compagnia di due giovani Padri Bianchi, prendiamo la strada che punta verso i lago e ci fermiamo per pranzo e una nuotatina a Senga Bay, poco distante dalla cittadina di Salima (epicentro di un forte terremoto nel 1989). La strada è ora larga e ben tenuta, ben diversa da quella lingua di asfalto che percorsi per la prima volta 29 anni fa quando, all’alba dei miei 22 anni, mi tuffavo nel mondo sconosciuto di quella che sarebbe stata la mia prima esperienza nel continente africano. I villaggi e le cittadine che attraversiamo però mi sembrano poco cambiati negli ultimi 30anni, segno che il Paese non ha compiuto grossi balzi in avanti.

Anche il lago è sempre quello, e meno male! Con i suoi circa 600 km di lunghezza e 75 km di larghezza (nel punto più largo) è il terzo bacino di acqua dolce dell’Africa e il settimo lago al mondo per estensione. Le sue acque limpide sono abbastanza sicure. Bisogna evitare alcune zone per non dover competere con coccodrilli e ippopotami o per non prendersi la bilharzia (malattia trasmessa in acqua e causata da minuscoli vermi che vivono e si moltiplicano in piccole lumache acquatiche. Il parassita entra nell'uomo attraverso i pori della pelle, annidandosi nell'intestino o nella vescica e causando dolori addominali e sangue nelle urine). Ai miei tempi ( si parla così dopo che si è superato il mezzo secolo!) si credeva che il lago Malawi fosse l’unico in Africa australe a non essere infestato da questi vermi maledetti ma ora è confermato che siano presenti anche qui, anche se non dappertutto. Una cosa è certa: in quel pomeriggio assolato un bel bagno nelle chiare e fresche acque del lago è stato una meraviglia.

Al ritorno dal lago ci fermiamo a salutare una famiglia. La signora è congolese, sposata con un ufficiale dei paracadutisti del Malawi. La mia sorpresa è stata grande perché non pensavo che il Paese avesse dei velivoli militari e invece di tenermelo per me l’ho detto all’ufficiale. Per fortuna ha preso la cosa dal verso buono e abbozzando un sorriso mi ha detto che in effetti la flotta aerea è molto ridotta ma che per lo meno un velivolo per i lanci ce l’hanno!

Mua e Kungoni

All’imbrunire siamo arrivati a alla missione. La costruzione, che risale al 1902, si trova su una collinetta, addossata alle montagne che si innalzano fino all’altopiano di Dedza. È una delle costruzioni più antiche del Paese, rimodernata una ventina d’anni fa in seguito ai danni riportati nel terremoto del 1989, su due piani e con vista a est sul lago Malawi che in linea retta dista pochi chilometri. I Padri Bianchi sono sempre stati presenti fin dalla sua fondazione e continuano ad esserlo con una giovane comunità di padri e di candidati (stagisti).

Attiguo alla missione c’è l’importante centro culturale KuNgoni, fondato nel 1976 dal Padre Bianco canadese Claude Boucher. Qui si trova una scuola di formazione per intagliatori, pittori, scultori, un museo, una galleria d’arte e una biblioteca. Recentemente è stato aperto anche un ostello per le comitive di turisti che però scarseggiano in questo periodo dell’anno.

KuNgoni è un interessantissimo esperimento di incontro, di sperimentazione interculturale, di inculturazione del messaggio cristiano nella realtà locale, di conservazione di tradizioni, danze e racconti che rischiano di scomparire. È un punto di riferimento obbligato per malawiani e non desiderosi di conoscere meglio la storia, le tradizioni, la cultura e la religione del Malawi.

Questo assume un’importanza ancor maggiore oggi in un Paese che, come molti altri,è in rapida trasformazione, esposto alla globalizzazione omogeneizzante veicolata dai media che presentano modelli lontani e alieni ma accattivanti. Nella fretta della modernizzazione a tutti i costi si rischia di buttare il bambino ( i valori della tradizioni) con l’acqua sporca (le zavorre culturali che sono ormai inutili o d’impiccio). La missione di Mua e KuNgoni sono certamente una tappa obbligata per chi visita il Malawi.

La vecchia missione

Sabato pomeriggio (24 settembre), in compagnia di Ervé, giovane candidato del Burkina Faso, parto alla volta della vecchia missione di Mtakataka, distante una ventina di km da Mua.

Percorriamo una quindicina di km in macchina che dobbiamo però lasciare sull’argine del fiume. Attraversato il corso d’acqua a piedi (per fortuna è la stagione secca) percorriamo un breve tratto di savana e dopo circa mezzora intravediamo quello che resta della vecchia missione di Mtakataka.

Costruita nel 1937, dopo aver finalmente ricevuto il permesso del capo tribù locale che in un primo momento l’aveva negato pensando che questi bianchi barbuti (all’epoca praticamente tutti i missionari avevano la barba) gli volessero portare via le terre, la missione era davvero una realizzazione ciclopica.

Milioni di mattoni furono utilizzati per costruire sotto l’occhio vigile e esperto di un fratello non solo l’imponente chiesa ma anche varie costruzioni tutt’intorno, nel bel mezzo di un territorio densamente popolato. Nel 1957ci fu una piena straordinaria del fiume e la gente fu costretta ad abbandonare la zona. L'esondazione raggiunse la missione e le acque entrarono nella chiesa riempiendola di un metro di fango per tutta la sua estensione. Forse si sarebbe potuto organizzare una gigantesca opera di pulizia ma il fatto che la gente se ne fosse andata costrinse i missionari a ritirarsi, seppure a malincuore per non tornarvi mai più.

Quando visitai il complesso nel 1983, rimanevano in piedi le case dei padri, delle suore e la chiesa.

Oggi rimane in piedi solo la suntuosa facciata come solitario testimone di un’opera gigantesca di cui fra qualche anno non rimarrà più nessuna traccia


Tappa a Balaka

Domenica pomeriggio, dopo aver salutato i confratelli di Mua, Paul, giovane missionario del Burkina Faso, mi accompagna fino a Balaka, distante un centinaio di km verso sud. Da qualche anno i Padri Bianchi hanno aperto una casa di formazione che quest’anno, all’apertura del nuovo anno accademico il 3 ottobre, vedrà raggiunta la sua capacità massima di 40 persone visto che gli studenti saranno 36 e i padri-formatori quattro.

La sera siamo invitati per la tradizionale spaghettata in casa dei Monfortani bergamaschi che ogni domenica sera aprono le porte della loro casa provinciale a tutti i religiosi presenti a Balaka.

Il giorno dopo trascorre in visite varie. Martedì mattina mi sveglio e sento di avere la febbre e un certo malessere generale. Mi viene il dubbio che sia l’inizio di un attacco di malaria, il primo dopo decenni in cui, per fortuna o per una speciale benedizione, mi è stata risparmiata questa sgradevolissima malattia. La febbre rimane tutto il giorno insieme a un senso di grande spossatezza. La sera, memore delle parole di San Paolo, mi bevo un bicchiere di vino rosso e, per essere sicuro di dormire, una bustina di Aulin. L’indomani mattina sono fresco come una rosa. Di sicuro non è malaria; sia quel che sia, afferro al volo un passaggio per Kanengo, un sobborgo di Lilongwe, distante circa 170 km, dove arrivo poco prima di mezzogiorno.

Nei pochi giorni che vi trascorro ho anche occasione di incontrare i cari e simpatici Stefano e Francesca; una giovane coppia di Torino, innamorati dell’Africa che vivono qui in Malawi quando non sono in giro con clienti con cui condividere la loro passione e le loro conoscenze. Per conoscerli meglio date un’occhiata al loro sito: www.africawildtruck.com

Express bus

Dopo alcuni giorni con la comunità di Kanengo dove i padri si occupano della parrocchia, di un centro di formazione e per i nostri studenti e di un centro di riflessione teologica e sociale, mi accingo a ripartire per Lusaka. Distanza: poco meno di 700 km. Richiedo un biglietto su un autobus espresso, il migliore che ci sia. Il prezzo è ragionevole: attorno alle 30 euro. In mente ho gli autobus che percorrono Maputo- Beira o Johannesburg -Maputo ma la realtà locale-me ne accorgerò a mie spese- è ben diversa. La partenza è prevista per le 6 del mattino, dal terminal degli autobus che è una zona all’interno del grande mercato di Lilongwe. Nonostante l’ora mattutina, il posto pullula di gente e la prima cosa che uno sente è una terribile puzza che poi si spiega alla vista di cumuli di pesce secco che stanno andando a ruba. Il bus c’è, con qualche raro passeggero. Ci sono un paio di signorine europee che mi salutano (ho osservato più volte questo fenomeno: quando sei in condizioni di netta inferiorità numerica ti viene naturale sorridere e attaccare bottone con gente che, esternamente, ti assomiglia. Come per rassicurarci, pensando che in caso di necessità almeno tra noi “simili” ci aiuteremo. Interessante fenomeno sociologico su cui riflettere). Una prima occhiata al mezzo mi dice che qui il lusso, se c’è stato, è da un bel po’ che non è più di casa. Salgo, senza che nessuno mi chieda nulla, (e nessuno lo farà mai per tutto il viaggio. Forse da queste parti è impensabile che un bianco salga sull’autobus senza aver pagato il biglietto. Altro fenomeno interessante). L'interno lascia molto a desiderare e mi stupisce che sotto ogni sedile sono stipati degli imballaggi di Coca e Fanta. Tutto fa presumere che sarà un viaggio con zero comfort e di molta fatica.

L’autobus parte puntualissimo, aprendosi faticosamente un varco tra mucchi di pesce essiccato e una folla vociante. Le mosche, per fortuna, dormono ancora. Il viaggio fino al confine (100 km circa) è rapido e indolore ma una volta arrivati si perdono due ore senza sapere perché. Il motore rigorosamente acceso, l’autista sparito. Scambio due chiacchiere con le ragazze. Sono due infermiere finlandesi in Zambia per tre mesi per un programma di scambio tra i due Paesi, di ritorno a Lusaka dopo qualche giorno al lago. Mi chiedono se so a che ora arriveremo. “Alla fine del viaggio” rispondo, e capiscono che non è una battuta.

Dopo il confine ci fermiamo in una cittadina sciatta e scialba come tante, Chipata, per quasi due ore. Motore sempre acceso. Si ignora la ragione di una sosta così prolungata. Alle 11.30 si riparte. Le ultime parole famose: “Signori, ci fermeremo solo a Lusaka (distante 600 km) a meno che qualcuno di voi stia per morire”. Dopo un po’ smetto di contare le soste. Il pullman è mezzo vuoto per cui l’autista si ferma ogni volta che vede un gruppo di persone in attesa. L’espresso si trasforma inesorabilmente in accelerato.

Comincia a far caldo e l’aria condizionata ci viene da tutti i finestrini aperti. Anche la polvere, bestioline di vario tipo e sapori e odori a volte gradevoli, altre decisamente no. Ad un tratto l’autista ferma il mezzo ma non arresta il motore. Il suo assistente apre il vano motore (all’interno dell’autobus!), armeggia con una chiave inglese e all’improvviso fuoriesce uno sbuffo di vapore seguito da un’abbondante schizzo di acqua bollente. Preoccupato, gli chiedo se dobbiamo cominciare a tagliare dei rami per improvvisare delle capanne onde passare la notte. Mi sorride dicendo che il motore è sanissimo; aveva solo bisogno di “un salasso”. Incredibilmente i fatti gli daranno ragione.

Abbiamo accumulato due ore di ritardo e siamo in piena boscaglia. Qui e là si intravede il chiarore di qualche lampada a petrolio.Il cielo è scuro e solcato da bagliori di lampi. Cala improvvisa la notte e comincia a piovere. I tergicristallo non funzionano. Così ogni volta che incrociamo un veicolo l’autista deve praticamente fermarsi perché non vede nulla. Ma c’è perlomeno una grossa consolazione. Non sono mai riusciti a far funzionare la radio a bordo e così siamo scampati al tormento di ritmi frenetici sparati a tutto volume durante le interminabili 14 ore di viaggio. Sono infatti le 8 di sera passate quando l’autobus si arresta in quello che sembra un girone infernale dantesco e che invece altro non è che il terminal degli autobus di Lusaka. Non ho più l'età per fare il boy scout.