giovedì 13 febbraio 2014

Normalità ancora lontana

Situazione delicata nel paese in vari sensi. Sul fronte politico-militare interno, se da una parte c’è da registrare il ritorno al tavolo dei negoziati dei rappresentanti di Frelimo e Renamo e il raggiungimento di una accordo sulla composizione della Commissione Nazionale Elezioni (punto di discordia da tempo)dall’altra si registrano azioni militari sul terreno con uso anche di artiglieria pesante da parte dell’Esercito.


Domenica scorsa, con qualche giorno di anticipo rispetto a quanto annunciato, è tornata la corrente in quelle zone delle province di Manica e Sofala (zona in cerchio rosso nella cartina) ma siamo molto lontani dalla normalità. Se lunedì abbiamo avuto la corrente quasi tutto il giorno, ieri è stato un mezzo disastro e oggi abbiamo iniziato la giornata ad intermittenza. 
Il fatto che stia diluviando poi complica le cose. Ogni acquazzone violento ( e questa è la stagione delle piogge) fa sempre saltare la fornitura di elettricità. 
In ogni caso vi lascio immaginare i disagi per i privati e per le imprese, piccole e grandi , che ormai sono quasi paralizzate da più di due settimane. 
È pur vero che molti si sono attrezzati con generatori ma oltre a consumare parecchio anche questi si rompono visto che sono sempre accesi, vuoi perché non c’è la luce, vuoi per via delle oscillazioni di quest’ultima che, in automatico, non fanno “staccare” il gruppo elettrogeno.

Per finire sono previste piogge intense nei prossimi due giorni. Speriamo sbaglino altrimenti riparte il ciclo di inondazioni, famiglie sloggiate, strade impraticabili e quant'altro. Niente di nuovo da queste  parti ma nemmeno un passo avanti.

giovedì 6 febbraio 2014

BLACK OUT TOTALE

È da più di una settimana che un grosso trasformatore elettrico è andato in fumo facendo piombare nel buio le città di Chimoio, Dondo e Beira. Da allora la situazione non è migliorata di granché e la cosa più stupefacente (ma neanche tanto visto che a chi comanda, dal presidente di una piccola impresa ai politici, non gliene frega assolutamente nulla) è che non ci sia stato nessun comunicato ufficiale da parte dell’EDM, l’ente nazionale che gestisce la produzione e la distribuzione dell’elettricità. Non si conoscono le cause dell’incidente, i provvedimenti presi, le soluzioni a corto e lungo raggio. Niente. Nada de nada. E allora la gente si sente in dovere di inventare le proprie risposte, aumentando l’incertezza e la confusione
Ricordo che qui siamo in piena estate con temperature tra i 35° e 40° di giorno e attorno ai 26 di notte. I danni sono enormi. Il fetore nauseabondo di pesce, carne, frutta e verdura marcia ristagna in ogni angolo, proveniente dalle case, negozi e mercati. I commercianti stanno cercando di dimezzare il prezzo di questi beni di consumo ma il risultato è scarso, vista la dubbia provenienza e l’impossibilità di conservarli.
C’è stato un assalto per accaparrarsi generatori elettrici di ogni foggia, marca e forma con due conseguenze: il prosciugamento veloce dei risparmi (la benzina costa un euro al litro, cara rispetto al tenore di vita locale) e il rumore assordante proveniente da androni, sottoscale e balconi che provoca liti furibonde tra vicini di casa.
Lasciate da parte le statistiche che parlano di un’economia nazionale che cresce al 7%, il boom economico dovuto alla (potenziale) ricchezza di un sottosuolo scandalosamente ricco di risorse minerarie, le opere faraoniche nella capitale Maputo. Questo è il Paese reale: quello di un milione e mezzo di persone senza luce da otto giorni, di una città (Beira) che sembra uscita ieri dalla guerra tanto è malridotta, di fogne a cielo aperto, di quartieri allagati dopo le recenti piogge, di strade ridotte a piste butterate da piccoli e grandi crateri. Un Paese dove basta una serie di imboscate lungo l’unica strada che lo percorre dal sud al nord per  spaccarlo in due e quasi azzerare in pochi mesi il transito di persone e di beni.

Sarà l’afa di questi giorni che non mi fa dormire e la rabbia di fronte a tanta incompetenza e arroganza ma in questo momento non riesco proprio ad essere molto positivo riguardo al futuro di questo splendido e disgraziato Paese. 

venerdì 17 gennaio 2014

Alta tensione in Mozambico

La EN1 che attraversa il Paese da sud a nord. In rosso Muxungue.
Tre giorni fa, mercoledì 14, mentre volavo in tutta sicurezza e comfort tra Maputo e Beira, a diecimila metri sotto di noi, lungo la strada nazionale numero 1 che collega il sud al centro del paese, si consumava l'ennesima atrocità di questo periodo inquietante per il Mozambico. Raffiche di mitra sparate da uomini nascosti nella boscaglia crivellavano un autobus di linea che passava nel punto sbagliato al momento sbagliato. L'agenzia Lusa riferisce di 3 morti e 2 feriti gravi. E questo nonostante la forte presenza di militari e il pattugliamento di un tratto di strada di una trentina di chilometri la cui percorrenza è diventata una vera e propria roulette russa.
Cosa sta succedendo in Mozambico, dopo 22 anni dalla firma del cessate in fuoco a Roma che pose fine a una delle più terribili guerre civili mai viste nel meridione d'Africa?
Gli attacchi a civili e militari sono cominciati il 4 aprile dell'anno scorso. La zona dove si sono concentrate le imboscate è quella di Muxungue (la ics si pronuncia "sc") ma recentemente sono state registrate sparatorie anche nella provincia di Inhambane e di Nampula. Una quarantina di persone hanno perso la vita. Un'ottantina i feriti. Gravi le ripercussioni sul movimento di merci e persone dal sud al centro-nord del paese. Quella è l'unica strada di collegamento; non ci sono ferrovie o navi passeggeri per poter bypassare questo tratto insidiosissimo. Ancor più grave, il recente stillicidio di violenze ha fatto ritornare alla memoria i quindici anni di guerra civile che hanno dissanguato il Mozambico.
L'antica formazione della Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana) si è attribuita la responsabilità degli attacchi adducendo che sono una forma estrema di protesta contro la "dittatura instaurata" dal governo e la mancanza di consenso sulla legge elettorale. Sa quel che sia quel che sia il Paese sta vivendo il peggior momento di tensione politico-militare dalla fine della guerra civile.

sabato 11 gennaio 2014

Buon Anno 2014!

Fuipiano, (BG) Italia, 2 gennaio 2013
Maputo, Mozambico, 8 gennaio

















Carissimi, come potete vedere dalle foto eloquenti, c'è stato un bel cambiamento in tutti i sensi negli ultimi giorni. Sono ritornato in Mozambico e ho fatto tappa a Maputo prima di ripartire per Beira che sarà la mia destinazione per un po', in attesa che si sblocchi il progetto di Tete che al momento è stato tolto dal fuoco e messo in frigo!

Con questa entrata spero di ridare continuità al mio blog che per varie ragioni (soprattutto la pigrizia) si era fermato a metà dello scorso anno quando ero ancora basato a Lusaka.
Da allora sono successe parecchie cose: la conclusione delle iniziative legate all'anniversario della campagna anti-schiavitù lanciata dal nostro fondatore (Cardinal Lavigerie) 125 anni fa, la gradita visita dell'amico Michele e del gruppo della Valpolicella che mi hanno permesso di visitare e scoprire persone e zone della Zambia che da solo non avrei mai conosciuto. Poi all'inizio di settembre sono arrivato in Mozambico per gli ultimi eventi organizzati attorno alla campagna sopra menzionata.

Infine gli ultimi mesi sono stati trascorsi in Italia dove è stata una girandola di viaggi, incontri e scambi di vario tipo. A tutti il mio grazie di cuore per la simpatia e amicizia dimostratemi, per il vostro interessamento nella mia "missione" e per la generosità. Mi scuso con coloro ai quali avevo promesso una visita che non ho mantenuto: alla fine è diventata una gara contro il tempo e le ultime due settimane, vista l'impossibilità dell'impresa, ho preferito ritirarmi su per le mie montagne dove ho trascorso il primo Natale in famiglia dal 2008.

A Maputo si respira ancora aria di vacanza: molti negozi e luoghi pubblici sono ancora chiusi per ferie. Qui è piena estate e sarà solo con la riaperura delle scuole il prossimo lunedì e il ritorno al lavoro di tanta gente che si ripartirà a tutto vapore. O forse no, visto che la situazione interna è di nuovo instabile a causa di un clima di insicurezza instauratosi in varie parti del Paese.Ma di questo parleremo nel prossimo post.


mercoledì 5 giugno 2013

Padre Bwalya ha il suo partito



"Alleanza per uno Zambia migliore", (in inglese: Alliance for a Better Zambia, ABZ) così si chiama il nuovo partito dell'originale sacerdote diocesano Frank Bwalya. Dopo un iter un pò travagliato è stato ufficialmente registrato il 24 maggio scorso.Lo slogan della nuova aggregazione è Pa mpoto che significa "presso, sulla pentola".
Sulla pagina facebook si legge: "The ABZ is a national liberation movement. It was formed in 2013 to unite the Zambian people and spearhead the struggle for fundamental political, social and economic change." 
Il simbolo del partito è una pentola nera decorata da un nastro con i colori della nuova formazione: bianco, rosso e arancione.  

venerdì 3 maggio 2013

Father Bwalya for President?

Padre Frank Bwalya

Outspoken Catholic Priest Fr. Frank Bwalya who has been recently urged to stop critisizing the PF government in the media, has announced this morning that he’s serious about funding a new political party with him as its President. The name of the party should be revealed in the next few days.
Stamattina mentre ascoltavo una trasmissione su una delle stazioni locali, Radio Phoenix, ho sentito padre Frank Bwalya annunciare pubblicamente che, oltre alla sua campagna di “cartellini gialli” al presente governo per misfatti di vario tipo, intende fondare un nuovo partito politico di cui sarà il presidente.

Frank Bwalya, il cui status clericale non è molto chiaro al sottoscritto,  è senz’altro un personaggio carismatico e controverso. Dopo aver appoggiato apertamente il governo in carica contro quello uscente di Rupiah Banda, accusato di ogni forma di corruzione sotto il cielo, da qualche tempo critica apertamente alcune decisioni dell’esecutivo e ne castiga alcune derive. 
Una storia da seguire con interesse e attenzione


domenica 7 aprile 2013

Da Tete con furore


Oggi, seconda domenica di Pasqua è l’ultimo giorno a Tete. Sono arrivato due settimane fa, il lunedì della settimana santa.  Martedì di nuovo in strada, destinazione Lilongwe, la capitale del Malawi, distante 380 km. Visto che dovevo uscire dal Mozambico per questioni di validità del visto, ne ho approfittato per assistere alla rappresentazione teatrale dei nostri giovani studenti che ha avuto luogo nella sala di conferenze di un hotel della capitale. Il tema era la commemorazione del 125° della campagna anti-schiavitù lanciata dal fondatore dei Padri Bianchi, Charles Lavigerie, e le situazioni di schiavitù moderna nell’Africa di oggi. Mercoledì imboccavo di nuovo la strada per Tete. Viaggiando tra le verdi e fertili colline della zona chiamata Angonia (divisa a metà dal confine tra il Mozambico e il Malawi) mi sono imbattuto in un incidente spettacolare –vedi sotto-ma senza gravi conseguenze per nessuno (tranne che per le tasche del proprietario del camion). Difficile identificarne la causa.
Tete: battesimo di fuoco
Questa città, situata nella zona centro occidentale del Paese, lungo il fiume Zambesi, fino a poco tempo fa era nota per il caldo torrido ed era frequentata per lo più da camionisti in transito che non vi trascorrevano più di 48 ore. Più recentemente la sua fama si spinge oltre confine,  per via dei ricchi giacimenti di carbone che ivi si trovano. Il risultato è che una cittadina addormentata dove le uniche creature che mostravano un po’ di vitalità erano le capre si è svegliata di soprassalto. La popolazione è triplicata in pochi anni, è arrivato un gran numero di tecnici stranieri  e il numero di macchine e mezzi è centuplicato. Cantieri, negozi, un ponte nuovo che sarà finito quest’anno (costruito dagli onnipresenti cinesi), banche e servizi fino a poco tempo fa impensabili stanno rapidamente trasformando il volto di Tete. Per saperne di più cliccate su 
C’è anche il rovescio della medaglia: inquinamento, sfruttamento, gente mandata via in qualche modo dalle loro terre perché sotto c’è un mare di carbone, lavoro infantile, aumento impressionante della prostituzione: questi e altri i problemi etici, sociali e ambientali che lo sviluppo sta portando con sè.

Rinascita della chiesa
Per trentacinque anni la Diocesi di Tete è stata gestita in maniera disastrosa. Da quattro anni a questa parte, dapprima con la nomina di un amministratore apostolico che si è fatto in quattro per mettere un po’ d’ordine nel marasma che ha trovato e poi con la nomina di un giovane vescovo un paio di anni fa, qualcosa si sta muovendo.
Nell’ultimo anno è arrivato personale nuovo per rafforzare un contingente sparuto di personale religioso e un ridottissimo clero diocesano. Tra questi ci siamo anche noi, i Padri Bianchi, che torniamo in questa diocesi dopo quarantadue anni. Mi soffermerò un’altra volta sui piani e progetti futuri.
Malgrado i lunghi anni bui della guerra, la mancanza di direttive dall’alto e una mancanza cronica di personale, la gente ha mantenuto e trasmesso la propria fede. Ho trascorso il triduo pasquale in due comunità che si trovano sulla riva sinistra dell’imponente fiume Zambezi, raggiungibile tramite un ponte sospeso lungo un chilometro, costruito negli anni sessanta. Due aspetti mi hanno colpito: le chiese gremite e il desiderio della gente di avere un prete stabilmente fra di loro.
Ho trascorso la settimana cercando terreni dove ci potremmo sistemare e una casa da affittare nei primi tempi; un esercizio utile che mi ha permesso di conoscere parte del territorio e di verificare i rapidi cambiamenti che stanno avvenendo. I prezzi degli affitti e degli immobili sono andati alle stelle rispetto a qualche anno fa.
Domani, lunedì, partirò per il Malawi per partecipare ad una riunione in cui si definirà meglio il nostro piano di azione e il nostro futuro in questa zona.