martedì 15 dicembre 2009

Parte finale:
Mua-Tete-Beira 1.100 km

La missione di Mua

La costruzione, che risale al 1902, si trova su una collinetta, addossata alle montagne che si innalzano fino all’altopiano di Dedza. È una delle costruzioni più antiche del Paese, rimodernata una decina di anni fa, su due piani e con vista a est sul lago Malawi che in linea retta dista pochi chilometri. I Padri Bianchi sono sempre stati presenti fin dalla sua fondazione.
Attiguo alla missione c’è l’importante centro culturale KuNgoni, fondato nel 1976 dal Padre Bianco canadese Claude Boucher. Qui si trova una scuola di formazione per intagliatori, pittori, scultori e molto altro ancora, un museo, una galleria d’arte e una biblioteca. Recentemente è stato aperto anche un hotel per le comitive di turisti che però scarseggiano in questo periodo dell’anno. KuNgoni è un interessantissimo esperimento di incontro, di sperimentazione interculturale, di inculturazione del messaggio cristiano nella realtà locale, di conservazione di tradizioni, danze e racconti che rischiano di scomparire. È un punto di riferimento obbligato per malawiani e non desiderosi di conoscere meglio la storia, le tradizioni, la cultura e la religione del Malawi. Questo assume un’importanza ancor maggiore oggi in un Paese che, come molti altri,è in rapida trasformazione, esposto alla globalizzazione omogeinizzante veicolata dai media che presentano modelli lontani e alieni ma accattivanti. Nella fretta della modernizzazione a tutti i costi si rischia di buttare il bambino ( i valori della tradizioni) con l’acqua sporca (le zavorre culturali che sono ormai inutili o d’impiccio).
La missione di Mua e KuNgoni sono certamente una tappa obbligata per chi visita il Malawi. Vedere www.kungoni.org
Il sabato mattina siamo fortunati perché Claude ha organizzato, per un gruppo di studenti universatari che arriva da Blantyre, uno spettacolo di danze tradizionale che dura ben tre ore. Il caldo all’interno del grande gazebo è impressionante (forse la giornata più calda in assoluto che abbiamo sperimentato finora) ma danzatori e percussionisti non si concedono un momento di pausa e tengono duro fino alla fine.

Escarpment Road

Da Mua partiamo il sabato mattina. La sera prima è scoppiato un bel temporale che ha portato una buona quantità di pioggia. Una vera manna per i campi di granoturco dove gli steli cominciavano ad inaridire. Vediamo tanta gente nei campi: di trattori nemmeno l’ombra. Certo, non è il momento dell’aratura ma qui la zappa sembra ancora regnare sovrana. Prendiamo una strada che si inerpica fino ai 1500 metri dell’altopiano di Dedza. Il fondo stradale è ottimo, il paesaggio variegato e in certi punti si gode di una vista panoramica sulla pianura e sul lago sottostanti. È un piacere guidare su questa strada (che qui chiamano Escarpment Road) anche se il nostro passo stamattina è decisamente da vacanzieri. Percorsi 60 km arriviamo alla frontiera con il Mozambico, proprio alle porte della cittadina di Dedza. Sbrigate le formalità procediamo più speditamente verso la città di Tete da cui ci separano 400 km.

Verde Angonia
La zona che percorriamo si chiama Angonia ed è un pò il granaio del Mozambico. Anche qui notiamo molta gente china sulla zappa, intenta a lavorare nei campi di granoturco. Qui, come nel vicino Malwi, la dieta giornaliera è costituita da polenta (di farina bianca), chiamata nsima e dall’intingolo (ndiwo)che in genere è carne o pesce nei giorni di festa e verdure cotte negli altri. Anche qui il paesaggio è molto vario: spesso davanti a noi si aprono pianure sconfinate, punteggiate da qualche picco o da qualche collina rocciosa. Il verde della vegetazione è stato reso intenso e lucido dalle recenti piogge. La terra lavorata di fresco è in certi luoghi di un rosso intenso, in altri scura: in entrambi trasudante fertilità.

Tete
Man mano che ci avviciniamo a questa importatne città del nordovest del Mozambico il paesaggio si fa più uniforme. All’entrata di Tete dobbiamo passare sotto le forche caudine rappresentate dall’impressionante ponte sul fiume Zambesi che, essendo in riparazione, funziona a senso unico alternato. Michele decide di attraversare il ponte a piedi ed è fortunato. Oltre a varie scene di vita, scorge anche un grosso ippopotamo che più che nuotare sta facendo quattro passi nella parte bassa del fiume.
Finalmente passiamo anche noi e trascorriamo il resto del pomeriggio andando a zonzo per la città e ritornando sul ponte armati di teleobiettivo sperando che l’ippopotamo (che adesso ha un compagno/a) si decida ad uscire dall’acqua per andare a brucare sulla riva vicina. Ma i bestioni non ci pensano nemmeno. Per fortuna non fa troppo caldo. Tete ha la reputazione di essere la città più calda del Mozambico. Non è raro avere 40-45 gradi in questa stagione

Ritorno alla base
Domenica mattina ci concediamo una colazione abbondante a base di paste di vario tipo in un locale all’imboccatura del ponte che ha l’aria di essere stato aperto da poco. C’èanche una bella macchina da caffè all’italiana ma non ci possiamo concedere l’ebbrezza di un espresso o di un cappuccino perchè manca la corrente. Pazienza, ci accontentiamo di un succo di litchi e poi partiamo alla volta di Beira, per gli ultimi 600 km della nostra avventura. Per strada incontriamo molti camion: alcuni fermi sul ciglio dela strada, bloccati da guasti più o meno seri che potrebbero richiedere vari giorni prima di essere riparati. La pausa pranzo è a Chimoio, a 180 km da Beira. Il cameriere ci suggerisce di provare le bistecche del posto ma decisamente abbiamo assaggiato di meglio.
Alle 5 del pomeriggio varchiamo il portone della nostra casa di Inhamìzwa. Abbiamo percorso quasi 4.000 km in 18 giorni su ogni tipo di strada ( e di pista) e siamo stati miracolati in vari modi:
• la macchina non ci ha mai dato nessun problema:
• non abbiamo forato nemmeno una volta:
• non abbiamo preso multe:
• in Mozambico non siamo mai stati fermati da polizia o vigili
• non abbiamo avuto il minimo incidente, riuscendo ad evitare anche le galline o le faraone

Mentre termino questa pagina, Michele e Zeno sono già in volo per l’Italia. Certamente avranno bisogno di qualche giorno per “sbobinare” tutto quello che hanno vissuto in questo viaggio e gli auguro di riuscire a trasmettere un po’ di quello che hanno vissuto e visto di persona. Io intendo restare a Beira fino al 23 di dicembre e poi ritornare in Sudafrica. Pubblicherò anche alcune foto quando avrò una connessione Internet un po’ più veloce di quella che sto usando al momento e qualche riflessione. L’appuntamento è fra qualche giorno

Nessun commento:

Posta un commento