mercoledì 17 novembre 2021

Permesso di lavoro. Telenovela (in)finita

 Ieri è stata una giornata molto calda a Maputo, con una temperatura percepita attorno ai 40°. Avevo un appuntamento all’Ufficio immigrazione per le 12,45 (certamente non l’ora più fresca del giorno). Dopo aver raccolto gli ultimi due documenti che mancavano, mi presento in bermuda fino al ginocchio (più che dignitosi) e maglietta. All’entrata c’è un addetto alla sicurezza che controlla la temperatura corporea. Mi squadra e mi dice che non posso entrare. Lo guardo allibito egli chiedo perché. “Perché qui gli uomini entrano solo con i pantaloni lunghi” mi risponde. In quell’istante mi ricordo che in Mozambico entrare in un ufficio pubblico richiede lo stesso abbigliamento che per un luogo di culto.

Venditore di ricariche telefoniche
Venditore di ricariche per cellulari
L’alternativa è quella di tornare a casa sfidando il traffico micidiale di Maputo e rischiando di arrivare in ritardo all’appuntamento. Un ragazzino lì accanto, che sta vendendo ricariche per cellulari (sistema molto pratico: se il tuo credito telefonico sta per esaurirsi, praticamente a ogni angolo c’è qualcuno che ti vende codici di ricarica di vario taglio) e che ha ascoltato lo scambio, mi vede per un momento smarrito e mi dice: “Amico, non c’è problema, c’è là Erminio che affitta pantaloni!” e con questo mi indica un giovanotto sul lato opposto del marciapiede. Mi avvicino, sicuro di essere capitato in una di quelle situazioni da telecamera nascosta, ma il bravo Erminio ha già affondato la mano in uno zainetto e ne estrae un paio di jeans, apparentemente puliti, e mi dice: “150 meticais (2 euro) per tutto il giorno!” Sempre con la sensazione che qualcuno mi stia filmando di nascosto, mi infilo i jeans sopra i bermuda tra l’indifferenza generale dei passanti e sentendomi come in un’armatura (il tessuto è così spesso da poter fermare un proiettile!) mi avvicino di nuovo all’entrata. Questa volta non c’è nessun problema, nonostante i pantaloni siano sostanzialmente appesi attorno alla vita visto che non sono riuscito a chiudere né la cerniera né il bottone in alto.

Entro e mi trovo in uno stanzone coperto da lamiere ondulate. Mi metto in fila davanti a un tavolino dov’è seduto un funzionario. Il pavimento è in cemento ma l’area davanti alla scrivania è una buca rettangolare piena di sabbia (come per il salto in lungo) e ancora stamattina me ne sto domandando la ragione. Non ci sono numeri da staccare all’entrata per cui si avanza in una fila più o meno ordinata ma costantemente “attaccata” ai lati dai soliti furbi che vengono regolarmente respinti dal funzionario ma che esercitano una costante azione di disturbo. Di conseguenza il suo lavoro è pesantemente rallentato e la fila avanza a passo di lumaca.
Un chapa. Questi minibus, omnipresenti, garantiscono
il trasporto urbano in quasi tutte le città africane
Dopo circa tre quarti d’ora consegno il tutto (una decina di documenti) e tiro un sospiro di sollievo perché mi si dice che non manca nulla. Adesso si tratta solo di aspettare per la foto segnaletica, le impronte digitali e, chiaro, il pagamento. Mentre aspetto su una panchina di ferro surriscaldata (ormai l’impressione è quella di essere in un bagno turco)  vedo passare una giovane coppia di portoghesi: lui in bermuda come me e lei con dei pantaloncini striminziti. Mi dico che la legge è per tutti o per nessuno e procedo, sempre tra l’indifferenza generale, a sfilarmi i jeans e a sentirmi subito meglio. Sono ormai le 16 e 30 e mi sto quasi appisolando su una panchina nella sezione dove possono entrare solo i funzionari e quelli che hanno consegnato le pratiche quando qualcuno si avvicina chiedendomi che fine hanno fatto i suoi pantaloni. Riconosco Erminio che mi spiega che deve prendere un chapa (minibus che sostituisce gli autobus che praticamente non ci sono) e tornare a casa perché la sua giornata è finita. Restituisco i jeans corazzati, pago, ringrazio per l’assistenza provvidenziale e suggerisco un piccolo miglioramento: tessuto più leggero e niente zip o bottoni, solo un elastico per tutte le taglie. Erminio dice che non è una brutta idea e ci penserà.

Ormai verso le 5, e quando penso che oggi non ce la farò, mi chiamano per terminare la pratica. Al momento del pagamento estraggo i contanti per infilarli in una delle casse automatiche ma mi viene deto che è rischioso perché dopo le 5(!) le casse sono piene (!) e rischio di non poter concludere la transazione. L’idea di un’altra odissea mi fa velocemente estrarre la carta di credito che per fortuna viene accettata dal sistema. Al ritorno a casa dopo una doccia ristoratrice e un’abbondante reidratazione, trovo un piatto di penne al ragù e un bicchiere di Vermentino della Sardegna che mi riconciliano con il mondo.

Finisce così un’avventura cominciata a giugno per raccogliere tutti i documenti necessari ad ottenere un visto di lavoro per il Mozambico. Senza contare le ore che questo ha richiesto c’è il costo: 350 euro per il visto e 100 per la traduzione asseverata del certificato penale e per fortuna un amico notaio ha regalato un paio di autentificazioni che sarebbero certamente costate sulle 200 euro. Una volta entrati nel Paese si hanno 30 giorni (compresi sabato, domeniche e festivi) per ottenere un’estensione annuale del visto. Questo comporta processioni varie tra Nunziatura, Arcidiocesi, Ministero della Giustizia e degli Affari Religiosi per poi approdare al famigerato Ufficio Migrazione. Qui, dopo la gimcana descritta sopra e dopo pagamento di altre 450 euro più l’inevitabile multa che il richiedente deve pagare perché è quasi impossibile avere tutto entro i 30 giorni previsti, finalmente si ha un pezzo di carta nel passaporto che ti permette di stare tranquillo per un anno.  Ad aggravare il problema per noi religiosi è il fatto che tutto deve passare dalla nunziatura a Maputo per via di un concordato firmato nel 2019 e che secondo me, memore di quello che era l’iter nel passato, ha solo complicato le cose. In ogni caso, anche se non è un'esperienza piacevole, ho provato sulla mia pelle, anche se in forma minima e con disagio sopportabile, quello che milioni di persone devono affrontare in tutto il mondo per entrare e rimanere legalmente in un Paese che non è il loro. 

Una banconota di mille meticais.
Un euro vale circa 75 meticais (plurale di
metical)

Qualcuno si domanderà perché i missionari abbiano bisogno di un visto di lavoro dato che non solo non vengono pagati dalle diocesi che hanno grossi problemi anche solo a stipendiare i preti diocesani, ma in genere aiutano la realtà in cui operano tramite progetti e donazioni. Purtroppo questa è al momento la situazione per cui il visto ha lo stesso prezzo sia per qualcuno che lavori per una grande multinazionale petrolifera ( che oltre a percepire un ottimo salario viene spesato dall’impresa) che per uno che faccia sostanzialmente del volontariato.

lunedì 8 novembre 2021

Lavori in corso

 

Sono  passate quattro settimane dal mio arrivo e per fortuna gli amici che mi hanno accolto non hanno applicato il principio che l’ospite è come il pesce e che dopo tre giorni puzza!  Devo dire che è stato un grande e bel cambiamento: da una numerosa comunità di padri anziani a una famiglia con due bambini piccoli (6 e 3 anni) che con la loro vivacità (pur essendo ben educati sono comunque cuccioli che crescono) mi hanno infuso energia e ottimismo. Come in tante famiglie, i genitori vanno a lavorare il mattino e i bambini alla materna. Ma la famiglia è allargata e in casa c’è sempre una o più persone delle 6 che vi lavorano: la cuoca, la tata, il giardiniere, due guardiani e un autista. Per farla breve, quando siamo tutti presenti siamo in 11, quasi come la comunità di Treviglio!

La futura residenza











Sono andato varie volte a visitare la casa dove andremo a risiedere. Al momento un impresario della zona  sta controllando quali sono gli interventi urgenti che si dovranno fare a livello di impianto idraulico ed elettrico, prima di una profonda pulizia generale e di una bella imbiancata. Le persone che vi hanno vissuto negli ultimi due stanno pian piano tornando alle loro abitazioni. In un primo momento, visto che non abbiamo bisogno di tutta la struttura, sistemeremo la zona dove ci sono le camere e il blocco che racchiude la cucina e la lavanderia.

 









La chiesetta ha solo bisogno di una bella ripulita e può già essere utilizzata. Poi, una volta installati, penseremo a rendere il resto della casa abitabile un po’ alla volta.


La strada di accesso alla proprietà.

Pur trattandosi di un solo km di strada sterrata che va dalla strada provinciale alla residenza, questo tratto si allaga molto facilmente, anche solo dopo un semplice acquazzone. Sono curioso di vedere cosa succederà durante la stagione delle piogge!

Provvisorietà

 Questa parola è un po’ il “leitmotif” di questo primo mese. Ringrazio il Signore ogni giorno per le persone buone che ha messo sul mio cammino e che mi aiutano a riprendere il mio cammino in questo angolo di terra in fondo all’Africa. Ho smesso quasi subito di farmi prendere dalla fretta di risolvere le varie problematiche perché mi sarei mangiato il fegato inutilmente e non avrei concluso nulla. Al momento è un lavoro certosino di tessere rapporti, ravvivare conoscenze e stabilirne di nuove, studiare la realtà che mi circonda, avviare i lavori di ristrutturazione della casa, procurarsi un mezzo di trasporto e altro ancora.  Il tutto sperando che il mio visto di lavoro/residenza mi venga concesso a breve perché quello che ho sta per scadere e senza documenti in regola non posso aprire un conto in banca, ricevere un incarico ufficiale, entrare e uscire dal Paese liberamente… Può sembrare un atteggiamento un po’ passivo e rinunciatario ma, credetemi, ci sono dei muri di gomma contro cui è inutile intestardirsi a sbattervi contro.

Considerazioni generali

Maputo (forse 1½ milioni di abitanti ) dà l’idea di una città ancora in crescita (nonostante gli spazi per nuove costruzioni sia sempre più scarso) e certamente, durante il giorno, attiva e dinamica. Il traffico è abbastanza intenso e in certi momenti anche congestionato ma a livelli ancora accettabili. Se si pensa che la rete stradale cittadina è sostanzialmente quella creata dai portoghesi negli anni 60-70 e che i mezzi circolanti potrebbero essere cento volte di più, si deve riconoscere agli ingegneri di 50 anni fa di aver fatto un ottimo lavoro.

La spiaggia meridionale di Maputo. A destra campeggia il Gloria Hotel, l'enorme albergo cinese praticamente vuoto e,si dice, in vendita per 150 milioni di dollari

Nella capitale, che è nell’estremo sud del Paese, (per capire: è come se Ragusa fosse la capitale d’Italia)  si respira un’aria di normalità e di apparente efficienza. La città però diventa praticamente deserta dopo il tramonto. Il divieto di circolazione e la chiusura obbligatoria dei locali a mezzanotte (misure antiCovid)  probabilmente ha il suo impatto perché vuol dire che per le 11 è tutto chiuso e il movimento ridotto quasi a zero. A proposito di Covid , i numeri ufficiali restano molto bassi (quindici casi registrati ieri in tutto il paese su un totale però di soli 1400 tamponi) ma le misure restrittive continuano. Oltre al coprifuoco sopra accennato, vige ancora l’obbligo delle mascherine in tutti gli edifici pubblici (tranne quando si è seduti al tavolo di un bar o di un ristorante) e noto che moltissime persone la portano anche all’aria aperta. Le spiagge rimangono chiuse fino a metà dicembre, poi si vedrà. Sarà il momento in cui si chiuderanno le scuole e tantissime attività per la pausa estiva e prima di Natale arriveranno le ondate di vacanzieri provenienti dal Sudafrica assieme a migliaia di mozambicani che lavorano in quel paese e che rientrano per le feste e per le vacanze. Dovesse continuare l’emergenza, si aumenterebbe la vastità della crisi che ha colpito i settori della ristorazione e del turismo.

Maxi processo al sud e calma (apparente) al nord

Nella capitale è in corso un maxi processo in cui sono indagati personaggi importanti coinvolti nel caso “Debito nascosto”. Per chi fosse interessato in un riassunto della vicenda e sugli ultimi sviluppi vedere Mozambico: per il ‘debito nascosto’ Credit Suisse e Vtb patteggiano - Nigrizia Questo caso ha portato a galla un fenomeno noto da decenni ma che negli ultimi anni ha assunto proporzioni gigantesche e inquietanti: quello della corruzione delle alte sfere del governo e del partito al potere. Purtroppo questo cancro che porta all’impoverimento del Paese ha ormai infettato tutti i settori della vita pubblica.

Nella regione nord di Cabo Delgado, teatro di una feroce insurrezione da parte di un sedicente gruppo jihadista è tornata un po’ di calma. Apparente o reale, solo il futuro lo saprà dire. Rimane comunque una sfida importante per il governo, gli investimenti, le grosse multinazionali coinvolte e anche per i Paesi della regione. L’esercito ruandese e quelli della Comunità dello sviluppo dell’Africa australe (SADC) combattono da metà luglio, con un certo successo, contro il movimento d’insurrezione chiamato al-shabab, ma la normalizzazione è ancora lontana dall’essere garantita. Anche qui si può approfondire l’argomento leggendo l’intervista all’ex vescovo di quella zona, trasferito dal Papa per proteggerne l’incolumità. Mozambico, l'ex vescovo di Pemba: "Minacce di morte dal governo. Sono anni che lanciamo appelli a Maputo. Inutilmente" - la Repubblica