Sudafrica rurale
A Johannesburg pioveva tutti i giorni (niente di eccezionale, dopotutto è la stagione delle piogge) e anche per questo ho accettato volentieri l'invito di amici a trascorrere alcuni giorni nella loro fattoria in una zona del Sudafrica dove in genere le precipitazioni sono scarse. Così lunedì mattina siamo partiti per Mooketsi, una località circa 400 km a nord. Questa zona era chiamata Northern Transvaal fino a pochi anni e ora è stata ribattezzata con quello più africano di Limpopo. Anche il capoluogo ha cambiato nome: da Pietersburg a Polokwane.
Siamo in sei in due macchine: Stefano, sua moglie Barbara e sua mamma Liliana, due amici di famiglia, Mario e Patrizia, qui in vacanza e il sottoscritto. L'autostrada è priva di traffico e in meno di 3 ore siamo a Polokwane. In periferia noto immediatamente il nuovissimo stadio che ospiterà 4 partite dei Mondiali tra cui Messico-Francia. Poco dopo iniziamo la discesa verso la farm di Stefano, 350 ettari coltivati a frutta (manghi e avocado) situati nel largo e spazioso fondovalle che si apre sotto di noi.
Occhio ai serpenti
La fattoria è un posto tranquillo nonostante la febbrile attività che si svolge nei campi: è il momento della raccolta dei manghi che si protrarrà fino alla fine di marzo e oltre a questo c'è sempre da fare in un posto come questo. La casa però è un'oasi di tranquillità con un ampio giardino di fronte e una piccola piscina dove fare un tuffo rigeneratore quando il caldo si fa insopportabile. E' proprio in piscina che il primo giorno trovo un piccolo serpentello di una ventina di centimetri. Sembra innocuo e più morto che vivo ma una volta estratto dall'acqua si riprende e si rivela abbastanza aggressivo. Una più accurata ispezione rivela che si tratta di un mamba nero, uno dei più pericolosi serpenti dell'Africa australe. A questo punto decido di usare il bastone con cui lo stuzzicavo per eliminare la minaccia. Il giorno dopo la domestica rischia di essere morsicata da una vipera locale mentre cammina a piedi nudi nel prato, a pochi metri dalla piscina. Il dente scivola sulla pelle, la donna fa un balzo all'indietro e poi d'istinto percuote il rettile con il manico del retino che aveva in mano spezzandogli la schiena. Il giorno dopo stessa sorte capita ad un'altra vipera, questa volta lunga due metri, che da giorni lasciava le sue tracce sul terreno polveroso attorno alla casa.
Sortita al Kruger
Mario e Patrizia manifestano il desiderio di andare un paio di giorni al Kruger Park che si trova ad appena un paio d'ore di macchina e mi chiedono se ho voglia di accompagnarli. Accetto volentieri. Questo è il principale parco naturale del Sudafrica e uno dei maggiori in Africa. È lungo circa 350 km e ad est confina interamente con il Mozambico. È proprio in collaborazione con l’antica colonia portoghese che si è deciso di estedere l’area del parco che ora non obbedisce più alla divisione geografica (ne ha parlato Silvia Turrin su Africa qualche tempo fa).
Appena entrati nel parco la fortuna ci arride e scorgo subito un bel leone accovacciato sotto un’acacia per proteggersi dal feroce calore del sole. Questo mi fa guadagnare una cena, visto che Mario aveva deciso che quello era il premio in palio per chi avesse avvistato il re della foresta per primo. Incontriamo numerosi gruppi di impala (un tipo di gazzella), scorgiamo da lontano una mezza dozzina di elefanti che brucano vicino alle sponde di un fiume e ci imbattiamo in un paio di giraffe. Al tramonto decidiamo di salire sulla jeep del ranger per un minisafari organizzato dall’accampamento dove pernotteremo. Mentre passiamo su un ponticello sul fiume Olifants che attraversa il parco in senso latitudinale scorgiamo un enorme ippopotamo a poche metri da noi. Il bestione è immerso in una pozza poco profonda per cui non può immergersi e sottrarsi alle nostre macchine fotografiche ma ci gira sistematicamente la schiena con un fare da primadonna veramente indisponente. A destra, a un centinaio di metri, con il sole che sta tramontando dietro di lui, si staglia la gigantesca stazza di un solitario elefante maschio. Ha delle zanne enormi che luccicano quando i raggi del sole cadente vi cadono sopra. A valle, a una trentina di metri dal pigro ippopotamo c’è un gaio elefante di 5-6 anni (un giovinetto, considerando che i bestioni arrivano facilmente ai 40-45 anni) che ci viene incontro anche perché provengono dei richiami, a lui indirizzati, dal fitto della boscaglia dall’altro lato della strada dove intravediamo degli esemplari adulti. Comunque il nostro elefantino non ha nessuna fretta: mentre caracolla verso il branco ne approfitta per staccare qualche ramo pieno di tenere foglioline e si lascia fotografare a piacimento. Le foto? Domani o dopo, appena torno in città e mi collego ad internet con la banda larga.
Quattro passi in savana
La mattina seguente Mario e io facciamo la pazzia di alzarci alle 4 del mattino per una camminata in savana accompagnati da due ranger. Partiamo con la jeep e poco prima di scendere ci imbattiamo in 4 leonesse con piccoli sdraiate in mezzo alla strada che si alzano abbastanza seccate dal nostro passaggio. Poco più in al un paio di elefanti enormi appaiono all’improvviso dalla boscaglia. Così, quando scendiamo dalla vettura un paio di km dopo, il pensiero va alle bestioline appena incontrate e ci sentiamo un po’ a disagio. Mi rincuora la vista dei due fucili per caccia grossa in mano alle nostre guide; a meno che veniamo attaccati da una mandria di bufali inferociti non dovremmo avere problemi. In mani esperte quelle armi possono abbattere con un solo colpo un elefante maschio adulto. Camminiamo per due ore in mezzo alla savana; gli occhi esperti dei ranger individuano una grossa mandria di elefanti nel fitto della boscaglia: gli siamo sottovento e ciò ci permette di arrivargli vicino. La distanza è comunque di sicurezza visto che hanno dei piccoli e potrebbero irritarsi o reagire aggressivamente. Poi mentre siamo seduti su un tronco per uno snack si avvicinano due eleganti e curiose giraffe. Dietro di loro appaiono alcune zebre. Per un po’ ci sentiamo noi gli osservati. Troviamo ampie tracce di rinoceronti (impronte, escrementi, uno spiazzo dove hanno dormito) ma i bestioni non si vedono. Peccato, sarebbero stati il finale perfetto di questa insolita passeggiata. Domani si torna nella giungla di Josi (vezzeggiativo per Johannesburg). Mi viene da pensare che alcune volte è più sicura la compagnia di leoni e di elefanti di quella di alcuni nostri simili e la savana meno pericolosa delle nostre strade e palazzi.
A Johannesburg pioveva tutti i giorni (niente di eccezionale, dopotutto è la stagione delle piogge) e anche per questo ho accettato volentieri l'invito di amici a trascorrere alcuni giorni nella loro fattoria in una zona del Sudafrica dove in genere le precipitazioni sono scarse. Così lunedì mattina siamo partiti per Mooketsi, una località circa 400 km a nord. Questa zona era chiamata Northern Transvaal fino a pochi anni e ora è stata ribattezzata con quello più africano di Limpopo. Anche il capoluogo ha cambiato nome: da Pietersburg a Polokwane.
Siamo in sei in due macchine: Stefano, sua moglie Barbara e sua mamma Liliana, due amici di famiglia, Mario e Patrizia, qui in vacanza e il sottoscritto. L'autostrada è priva di traffico e in meno di 3 ore siamo a Polokwane. In periferia noto immediatamente il nuovissimo stadio che ospiterà 4 partite dei Mondiali tra cui Messico-Francia. Poco dopo iniziamo la discesa verso la farm di Stefano, 350 ettari coltivati a frutta (manghi e avocado) situati nel largo e spazioso fondovalle che si apre sotto di noi.
Occhio ai serpenti
La fattoria è un posto tranquillo nonostante la febbrile attività che si svolge nei campi: è il momento della raccolta dei manghi che si protrarrà fino alla fine di marzo e oltre a questo c'è sempre da fare in un posto come questo. La casa però è un'oasi di tranquillità con un ampio giardino di fronte e una piccola piscina dove fare un tuffo rigeneratore quando il caldo si fa insopportabile. E' proprio in piscina che il primo giorno trovo un piccolo serpentello di una ventina di centimetri. Sembra innocuo e più morto che vivo ma una volta estratto dall'acqua si riprende e si rivela abbastanza aggressivo. Una più accurata ispezione rivela che si tratta di un mamba nero, uno dei più pericolosi serpenti dell'Africa australe. A questo punto decido di usare il bastone con cui lo stuzzicavo per eliminare la minaccia. Il giorno dopo la domestica rischia di essere morsicata da una vipera locale mentre cammina a piedi nudi nel prato, a pochi metri dalla piscina. Il dente scivola sulla pelle, la donna fa un balzo all'indietro e poi d'istinto percuote il rettile con il manico del retino che aveva in mano spezzandogli la schiena. Il giorno dopo stessa sorte capita ad un'altra vipera, questa volta lunga due metri, che da giorni lasciava le sue tracce sul terreno polveroso attorno alla casa.
Sortita al Kruger
Mario e Patrizia manifestano il desiderio di andare un paio di giorni al Kruger Park che si trova ad appena un paio d'ore di macchina e mi chiedono se ho voglia di accompagnarli. Accetto volentieri. Questo è il principale parco naturale del Sudafrica e uno dei maggiori in Africa. È lungo circa 350 km e ad est confina interamente con il Mozambico. È proprio in collaborazione con l’antica colonia portoghese che si è deciso di estedere l’area del parco che ora non obbedisce più alla divisione geografica (ne ha parlato Silvia Turrin su Africa qualche tempo fa).
Appena entrati nel parco la fortuna ci arride e scorgo subito un bel leone accovacciato sotto un’acacia per proteggersi dal feroce calore del sole. Questo mi fa guadagnare una cena, visto che Mario aveva deciso che quello era il premio in palio per chi avesse avvistato il re della foresta per primo. Incontriamo numerosi gruppi di impala (un tipo di gazzella), scorgiamo da lontano una mezza dozzina di elefanti che brucano vicino alle sponde di un fiume e ci imbattiamo in un paio di giraffe. Al tramonto decidiamo di salire sulla jeep del ranger per un minisafari organizzato dall’accampamento dove pernotteremo. Mentre passiamo su un ponticello sul fiume Olifants che attraversa il parco in senso latitudinale scorgiamo un enorme ippopotamo a poche metri da noi. Il bestione è immerso in una pozza poco profonda per cui non può immergersi e sottrarsi alle nostre macchine fotografiche ma ci gira sistematicamente la schiena con un fare da primadonna veramente indisponente. A destra, a un centinaio di metri, con il sole che sta tramontando dietro di lui, si staglia la gigantesca stazza di un solitario elefante maschio. Ha delle zanne enormi che luccicano quando i raggi del sole cadente vi cadono sopra. A valle, a una trentina di metri dal pigro ippopotamo c’è un gaio elefante di 5-6 anni (un giovinetto, considerando che i bestioni arrivano facilmente ai 40-45 anni) che ci viene incontro anche perché provengono dei richiami, a lui indirizzati, dal fitto della boscaglia dall’altro lato della strada dove intravediamo degli esemplari adulti. Comunque il nostro elefantino non ha nessuna fretta: mentre caracolla verso il branco ne approfitta per staccare qualche ramo pieno di tenere foglioline e si lascia fotografare a piacimento. Le foto? Domani o dopo, appena torno in città e mi collego ad internet con la banda larga.
Quattro passi in savana
La mattina seguente Mario e io facciamo la pazzia di alzarci alle 4 del mattino per una camminata in savana accompagnati da due ranger. Partiamo con la jeep e poco prima di scendere ci imbattiamo in 4 leonesse con piccoli sdraiate in mezzo alla strada che si alzano abbastanza seccate dal nostro passaggio. Poco più in al un paio di elefanti enormi appaiono all’improvviso dalla boscaglia. Così, quando scendiamo dalla vettura un paio di km dopo, il pensiero va alle bestioline appena incontrate e ci sentiamo un po’ a disagio. Mi rincuora la vista dei due fucili per caccia grossa in mano alle nostre guide; a meno che veniamo attaccati da una mandria di bufali inferociti non dovremmo avere problemi. In mani esperte quelle armi possono abbattere con un solo colpo un elefante maschio adulto. Camminiamo per due ore in mezzo alla savana; gli occhi esperti dei ranger individuano una grossa mandria di elefanti nel fitto della boscaglia: gli siamo sottovento e ciò ci permette di arrivargli vicino. La distanza è comunque di sicurezza visto che hanno dei piccoli e potrebbero irritarsi o reagire aggressivamente. Poi mentre siamo seduti su un tronco per uno snack si avvicinano due eleganti e curiose giraffe. Dietro di loro appaiono alcune zebre. Per un po’ ci sentiamo noi gli osservati. Troviamo ampie tracce di rinoceronti (impronte, escrementi, uno spiazzo dove hanno dormito) ma i bestioni non si vedono. Peccato, sarebbero stati il finale perfetto di questa insolita passeggiata. Domani si torna nella giungla di Josi (vezzeggiativo per Johannesburg). Mi viene da pensare che alcune volte è più sicura la compagnia di leoni e di elefanti di quella di alcuni nostri simili e la savana meno pericolosa delle nostre strade e palazzi.
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