Oggi, seconda domenica di Pasqua
è l’ultimo giorno a Tete. Sono arrivato due settimane fa, il lunedì della
settimana santa. Martedì di nuovo in
strada, destinazione Lilongwe, la capitale del Malawi, distante 380 km. Visto
che dovevo uscire dal Mozambico per questioni di validità del visto, ne ho
approfittato per assistere alla rappresentazione teatrale dei nostri giovani
studenti che ha avuto luogo nella sala di conferenze di un hotel della
capitale. Il tema era la commemorazione del 125° della campagna anti-schiavitù
lanciata dal fondatore dei Padri Bianchi, Charles Lavigerie, e le situazioni di
schiavitù moderna nell’Africa di oggi. Mercoledì imboccavo di nuovo la strada
per Tete. Viaggiando tra le verdi e fertili colline della zona chiamata Angonia
(divisa a metà dal confine tra il Mozambico e il Malawi) mi sono imbattuto in
un incidente spettacolare –vedi sotto-ma senza gravi conseguenze per nessuno
(tranne che per le tasche del proprietario del camion). Difficile identificarne
la causa.
Tete: battesimo di fuoco
Questa città, situata nella zona centro occidentale del Paese,
lungo il fiume Zambesi, fino a poco tempo fa era nota per il caldo torrido ed
era frequentata per lo più da camionisti in transito che non vi trascorrevano
più di 48 ore. Più recentemente la sua fama si spinge oltre confine, per via dei ricchi giacimenti di carbone che
ivi si trovano. Il risultato è che una cittadina addormentata dove le uniche
creature che mostravano un po’ di vitalità erano le capre si è svegliata di
soprassalto. La popolazione è triplicata in pochi anni, è arrivato un gran
numero di tecnici stranieri e il numero
di macchine e mezzi è centuplicato. Cantieri, negozi, un ponte nuovo che sarà
finito quest’anno (costruito dagli onnipresenti cinesi), banche e servizi fino
a poco tempo fa impensabili stanno rapidamente trasformando il volto di Tete. Per
saperne di più cliccate su
C’è anche il rovescio della medaglia: inquinamento, sfruttamento,
gente mandata via in qualche modo dalle loro terre perché sotto c’è un mare di
carbone, lavoro infantile, aumento impressionante della prostituzione: questi e
altri i problemi etici, sociali e ambientali che lo sviluppo sta portando con
sè.
Rinascita della chiesa
Per trentacinque anni la Diocesi di Tete è stata gestita in
maniera disastrosa. Da quattro anni a questa parte, dapprima con la nomina di un
amministratore apostolico che si è fatto in quattro per mettere un po’ d’ordine
nel marasma che ha trovato e poi con la nomina di un giovane vescovo un paio di
anni fa, qualcosa si sta muovendo.
Nell’ultimo anno è arrivato personale nuovo per rafforzare un
contingente sparuto di personale religioso e un ridottissimo clero diocesano.
Tra questi ci siamo anche noi, i Padri Bianchi, che torniamo in questa diocesi
dopo quarantadue anni. Mi soffermerò un’altra volta sui piani e progetti
futuri.
Malgrado i lunghi anni bui della guerra, la mancanza di direttive
dall’alto e una mancanza cronica di personale, la gente ha mantenuto e
trasmesso la propria fede. Ho trascorso il triduo pasquale in due comunità che
si trovano sulla riva sinistra dell’imponente fiume Zambezi, raggiungibile
tramite un ponte sospeso lungo un chilometro, costruito negli anni sessanta.
Due aspetti mi hanno colpito: le chiese gremite e il desiderio della gente di
avere un prete stabilmente fra di loro.
Ho trascorso la settimana cercando terreni dove ci potremmo
sistemare e una casa da affittare nei primi tempi; un esercizio utile che mi ha
permesso di conoscere parte del territorio e di verificare i rapidi cambiamenti
che stanno avvenendo. I prezzi degli affitti e degli immobili sono andati alle
stelle rispetto a qualche anno fa.
Domani, lunedì, partirò per il Malawi per partecipare ad una
riunione in cui si definirà meglio il nostro piano di azione e il nostro futuro
in questa zona.