Il primo link porta a un articolo della BBC
Il secondo, della televisione locale STV, mostra un reportage sulla situazione della zona di Boane dove abitavo. Campi devastati, un cimitero con le ossa sparpagliate , povere case semidistrutte...
Il primo link porta a un articolo della BBC
Il secondo, della televisione locale STV, mostra un reportage sulla situazione della zona di Boane dove abitavo. Campi devastati, un cimitero con le ossa sparpagliate , povere case semidistrutte...
Venerdì 10 febbraio, quattro e mezzo del mattino. Vengo svegliato da un bussare frenetico alla finestra. è Egidio, il nostro guardiano notturno che mi avvisa che c’è un movimento di persone che vengono dalla zona bassa vicino al fiume che dista un chilometro in linea d’aria. Dicono che il livello si sta alzando rapidamente e in modo preoccupante.
Memore dell’allerta diramata oil pomeriggi precedenti e della storia, ripetutaci più volte, del salvataggio dei padri issati con l’elicottero dal tetto nell’alluvione del 2000, balzo dal letto, butto 4 cose in un borsone, sbraito perché i miei due confratelli facciano lo stesso e mi avvio verso una delle due macchine. Il più vecchio, Bernhard, tedesco, 70 anni fra poco, non sembra capire l’urgenza del momento: va a prepararsi un caffè, cincischia, chiacchiera con il guardiano.
Sono già in macchina, dico al giovane da poco arrivato dal Burkina Faso che vada a recuperare Bernhard e il guardiano e che prendano l’altra macchina, alla svelta, e si dirigano verso la chiesa in cima alla collina, punto più alto di tutta la cittadina, a 4 km dalla nostra residenza. Comincia a piovere torrenzialmente e la strada è già sommersa dall’acqua ma in pochi minuti arrivo alla chiesa. Dopo un quarto d’ora arriva l’altra vettura e tiro un sospiro di sollievo ma si apre una sola portiera ed esce solo il tedesco. “E gli altri?” chiedo. “Sono rimasti sul posto per controllare la situazione” mi risponde. Mi esce spontanea una parola che è l’esatto opposto di una giaculatoria.
Bernhard decide quindi di tornare sui suoi passi ma è troppo tardi: il livello dell’acqua si è alzato ad una velocità impressionante e non si passa più. E i nostri non riescono ad uscire di casa perché la corrente è troppo forte e si rischia di essere colpiti dai detriti… per non parlare dei coccodrilli. Aspettiamo l’alba, la pioggia diminuisce e dalla chiesa percorriamo un a paio di chilometri per controllare l’ansa del fiume Umbeluzi attraversata da un ponte su cui passa una delle principali strade di collegamento. Il fiume è diventato un lago e il ponte, se c’è ancora, sarà sotto un paio di metri d’acqua. /continua
Mi sveglio verso le 7 col ticchettio della pioggia sui vetri. Mi sembra notte fonda ma sono già le sette. Scosto le tende e vedo il cielo plumbeo che non promette un granché per il resto della giornata. Quest’anno, da queste parti, è stato proprio il caso di Natale al sole, Pasqua al fuoco. Piove da tre giorni. Una pioggerella all’inglese che mantiene tutto fresco e verde, creando qualche disagio sulle strade sterrate e nei tratti in riparazione ma niente rispetto ai disastri che questo finale di stagione delle piogge sta creando nella regione del KwaZulu-Natal nel vicino Sudafrica. Quindi oggi a casa, cercando di riordinare un po’ le cose buttate là negli ultimi giorni.
Pioviggina fin dal mattino e l’aria è piacevolmente fresca dopo il gran caldo dei giorni scorsi. Mi auguro che le previsioni si sbaglino sugli acquazzoni previsti nella serata ma nel pomeriggio è chiaro che saranno delle cerimonie all’umido.
Sono le 16 e 30 e mi avvio verso la comunità di Pai Américo dove arrivo una mezz’ora dopo. Sono pochi chilometri ma la strada è piena di buche che non permettono di sperare i 10 all’ora. I catecumeni (15) che saranno battezzati e i ragazzi della prima comunione (7) sono già sul posto con i loro padrini/madrine. Alcuni uomini hanno cercato di issare un telone sulle pareti della cappella in costruzione ma si sono arresi. Non resta altro che occupare la casa che sorge nel cortile che, seppur ampia, a fatica riuscirà a contenere la settantina di persone previste.
Verso le 18, ormai al buio, decidiamo di iniziare. La cerimonia della benedizione del fuoco, sotto una pioggia minuta ma fitta e insistente e un vento che soffia a folate, si rivela più impegnativa del previsto ma nel giro di pochi minuti siamo all’interno della casa, ormai stipata all’inverosimile, e canto il terzo annuncio del Lumen Christi all’asciutto.
Tutto sommato, si procede senza intoppi, cosa non da poco poiché ad ogni momento c’è il rischio di ribaltare qualcosa (il cero pasquale, il leggio e anche il minuscolo altare molto instabile) visto gli spazi angusti. Il preconio è cantato splendidamente dall’animatore della comunità che possiede un bel timbro di voce, i salmi tra le letture un po’ meno ma il Gloria è un’apoteosi in cui il coro, accompagnato dai tamburi, dà il meglio di sé. L’ago dell’apparecchio per misurare i decibel sarebbe schizzato fuori dal quadrante ma nessuno sembra essere minimamente infastidito dalla cosa. Il battesimo si svolge in forma ordinata in tutte le sue parti e la veglia pasquale si conclude dopo circa tre ore. C’è però ancora voglia di far festa e quindi si prosegue fino alle 10 tra canti e una fetta di torta offerta ai neofiti. Poi bisogna caricare in macchina tutte le offerte ricevute al momento dell’offertorio (banane, arachidi, spaghetti, zucchero, sapone in polvere, bibite, cipolle, patate, avocado e farina), salutare e riprendere la via di casa dove arrivo poco dopo le 23. Domenica di Pasqua
Domenica di Risurrezione
Sveglia alle 6. Continua a piovere. Chiamo il responsabile della comunità di Bili che andrò a visitare (distante quasi 40 km) e mi dice che da loro è tutto asciutto. Preparo armi e bagagli e parto alla volta di Bili. Lì non c’è ancora una costruzione ma solo qualche palo conficcato nel terreno, una barriera di lamiere da un paio di lati per proteggerci dal vento e dalle distrazioni della strada che passa a lato della proprietà. Nella notte sono riusciti a issare un telone sull’intelaiatura posticcia che dovrebbe proteggerci in caso di pioggia. In effetti, non ce n’è bisogno perché sebbene il cielo minacci, non cade nemmeno una goccia. I battezzati sono 14, dai 13 ai 22 anni e 4 prime comunioni (14-20). La liturgia è molto festosa, i canti e le letture ben preparati e tutto si svolge alla meglio, facilitati anche dallo spazio che permette i vari movimenti. Alla fine della cerimonia ci sono le foto di rito e l’invito a rimanere perché la comunità ha preparato una piccola refezione per i festeggiati e i loro parenti più stretti. Il pranzo è molto semplice: pollo arrosto freddo, riso, una specie d’insalata rape rosse e maionese e fagioli. Al tavolo delle autorità gira anche una cassa di birra locale chiamata Txilar (pron: cilar). C’è anche il taglio di una magnifica torta sempre accompagnata da canti e danze.
Sono passate le 3 quando comincio a salutare i presenti. Una delle ragazzine battezzate insiste perché vada a casa sua per assaggiare l’anatra preparata dalla mamma per continuare la festa tra le mura domestiche. Ringrazio per l’offerta ma oltre a non aver appetito comincio anche a sentire un po’ di stanchezza. Vedo la delusione sul viso della ragazzina e allora le prometto che assaggerò il piatto della mamma in una prossima occasione. La vedo partire contenta, con due amichette, correndo e danzando sul sentiero sabbioso che porta verso casa...