lunedì 24 ottobre 2022
Prime piogge
lunedì 18 aprile 2022
Buon lunedì dell’Angelo
Mi sveglio verso le 7 col ticchettio della pioggia sui vetri. Mi sembra notte fonda ma sono già le sette. Scosto le tende e vedo il cielo plumbeo che non promette un granché per il resto della giornata. Quest’anno, da queste parti, è stato proprio il caso di Natale al sole, Pasqua al fuoco. Piove da tre giorni. Una pioggerella all’inglese che mantiene tutto fresco e verde, creando qualche disagio sulle strade sterrate e nei tratti in riparazione ma niente rispetto ai disastri che questo finale di stagione delle piogge sta creando nella regione del KwaZulu-Natal nel vicino Sudafrica. Quindi oggi a casa, cercando di riordinare un po’ le cose buttate là negli ultimi giorni.
Pioviggina fin dal mattino e l’aria è piacevolmente fresca dopo il gran caldo dei giorni scorsi. Mi auguro che le previsioni si sbaglino sugli acquazzoni previsti nella serata ma nel pomeriggio è chiaro che saranno delle cerimonie all’umido.
Sono le 16 e 30 e mi avvio verso la comunità di Pai Américo dove arrivo una mezz’ora dopo. Sono pochi chilometri ma la strada è piena di buche che non permettono di sperare i 10 all’ora. I catecumeni (15) che saranno battezzati e i ragazzi della prima comunione (7) sono già sul posto con i loro padrini/madrine. Alcuni uomini hanno cercato di issare un telone sulle pareti della cappella in costruzione ma si sono arresi. Non resta altro che occupare la casa che sorge nel cortile che, seppur ampia, a fatica riuscirà a contenere la settantina di persone previste.
Verso le 18, ormai al buio, decidiamo di iniziare. La cerimonia della benedizione del fuoco, sotto una pioggia minuta ma fitta e insistente e un vento che soffia a folate, si rivela più impegnativa del previsto ma nel giro di pochi minuti siamo all’interno della casa, ormai stipata all’inverosimile, e canto il terzo annuncio del Lumen Christi all’asciutto.
Tutto sommato, si procede senza intoppi, cosa non da poco poiché ad ogni momento c’è il rischio di ribaltare qualcosa (il cero pasquale, il leggio e anche il minuscolo altare molto instabile) visto gli spazi angusti. Il preconio è cantato splendidamente dall’animatore della comunità che possiede un bel timbro di voce, i salmi tra le letture un po’ meno ma il Gloria è un’apoteosi in cui il coro, accompagnato dai tamburi, dà il meglio di sé. L’ago dell’apparecchio per misurare i decibel sarebbe schizzato fuori dal quadrante ma nessuno sembra essere minimamente infastidito dalla cosa. Il battesimo si svolge in forma ordinata in tutte le sue parti e la veglia pasquale si conclude dopo circa tre ore. C’è però ancora voglia di far festa e quindi si prosegue fino alle 10 tra canti e una fetta di torta offerta ai neofiti. Poi bisogna caricare in macchina tutte le offerte ricevute al momento dell’offertorio (banane, arachidi, spaghetti, zucchero, sapone in polvere, bibite, cipolle, patate, avocado e farina), salutare e riprendere la via di casa dove arrivo poco dopo le 23. Domenica di Pasqua
Domenica di Risurrezione
Sveglia alle 6. Continua a piovere. Chiamo il responsabile della comunità di Bili che andrò a visitare (distante quasi 40 km) e mi dice che da loro è tutto asciutto. Preparo armi e bagagli e parto alla volta di Bili. Lì non c’è ancora una costruzione ma solo qualche palo conficcato nel terreno, una barriera di lamiere da un paio di lati per proteggerci dal vento e dalle distrazioni della strada che passa a lato della proprietà. Nella notte sono riusciti a issare un telone sull’intelaiatura posticcia che dovrebbe proteggerci in caso di pioggia. In effetti, non ce n’è bisogno perché sebbene il cielo minacci, non cade nemmeno una goccia. I battezzati sono 14, dai 13 ai 22 anni e 4 prime comunioni (14-20). La liturgia è molto festosa, i canti e le letture ben preparati e tutto si svolge alla meglio, facilitati anche dallo spazio che permette i vari movimenti. Alla fine della cerimonia ci sono le foto di rito e l’invito a rimanere perché la comunità ha preparato una piccola refezione per i festeggiati e i loro parenti più stretti. Il pranzo è molto semplice: pollo arrosto freddo, riso, una specie d’insalata rape rosse e maionese e fagioli. Al tavolo delle autorità gira anche una cassa di birra locale chiamata Txilar (pron: cilar). C’è anche il taglio di una magnifica torta sempre accompagnata da canti e danze.
Sono passate le 3 quando comincio a salutare i presenti. Una delle ragazzine battezzate insiste perché vada a casa sua per assaggiare l’anatra preparata dalla mamma per continuare la festa tra le mura domestiche. Ringrazio per l’offerta ma oltre a non aver appetito comincio anche a sentire un po’ di stanchezza. Vedo la delusione sul viso della ragazzina e allora le prometto che assaggerò il piatto della mamma in una prossima occasione. La vedo partire contenta, con due amichette, correndo e danzando sul sentiero sabbioso che porta verso casa...
sabato 16 aprile 2022
Buona Pasqua
Scrivo queste righe la mattina del sabato santo. Tutto tace attorno alla nostra casa. Spira una brezza tesa e fresca. Che contrasto con il caldo torrido di ieri terminato con un gran temporalone che ha rovesciato un’enorme quantità di pioggia e anche della grandine in alcune zone!
Giovedì mattina sono andato in cattedrale per la messa crismale con l’arcivescovo. Era da anni che non vi mettevo piede e me la ricordavo buia, sporca e con le vetrate ancora mezze in frantumi in seguito all’esplosione dell’arsenale di Maputo nel 2007. Che bella sorpresa invece trovare l’edificio luminoso, pulito e ordinato. Senz’altro buona parte del merito va all’attuale parroco, don Giorgio Ferretti, un fidei donum della diocesi di Frosinone, incaricato della parrocchia della cattedrale dal 2017.
La chiesa era gremita. Tantissimi i sacerdoti concelebranti, molti dei quali non sono però coinvolti nella pastorale ma bensì nell’amministrazione e formazione. Tanti anche i religiosi, le religiose, i giovani provenienti dai vari seminari e case di formazione e molti laici
Dopo il pranzo offertoci dall’arcivescovo sono rientrato alla base e verso le 17.30 mi sono avviato su una strada sterrata che ha messo a dura prova gli ammortizzatori.( In effetti sto pensando di scrivere alla Toyota per offrirmi come collaudatore dei loro mezzi sulle nostre strade. Chiedo solo un mezzo nuovo ogni sei mesi e il mio tempo ce lo metto gratis! 😀 ) Dopo solo dieci chilometri, che hanno richiesto però più di mezz’ora, arrivo in una piccola comunità, una delle 20 che costituiscono la nostra parrocchia. Le persone, una trentina, sono assiepate nella piccola cappella dedicata alla Madonna del Rosario. Sono le 18 e si sta facendo buio. Dentro ci si vede a malapena. Chiedo se c’è un problema con l’impianto elettrico e mi rispondono che mancano i soldi per comperare la ricarica (in pratica funziona come una ricarica per il cellulare). Si procede quindi al lume di candela e delle lampadine dei cellulari. All’offertorio conto le monetine che mi vengono portate in un cestino. Diciassette meticais, pari a una ventina di centesimi. Di questo passo non ci saranno nemmeno i fondi per comperare le candele.
È una messa in coena domini agli antipodi della celebrazionein cattedrale qualche ora prima ma l’impegno che ci mettono è commovente. Cantano tutti e il piccolo edificio risuona delle melodie intonata nella lingua locale.
Il venerdì santo inizia con un gran caldo. Sono di turno alla sede centrale e la mattina facciamo le prove della Passione con i chierichetti. Si decide che si farà tutto all’aperto per l’enorme afflusso di persone che si prevede e per via della canicola. Alle 15 in punto il cortile della chiesa è già pieno. La cerimonia si svolge in forma ordinata e raccolta. Al termine mi fermo per le confessioni, insieme a due altri preti. Ne abbiamo fino alle 20 e torniamo a casa non tanto stanchi per le attività ma cotti dalla calura. Mentre mi sto guardando la Via crucis al Colosseo via internet scoppia un gran temporale. La luce se ne va ma sul cellulare il segnale rimane e così posso seguire la via crucis fino alla fine.
Oggi avremo battesimi di ragazzini e adulti e prime comunioni in 4 comunità. Domani in altre due, per un totale di circa 150 battesimi e 40 prime comunioni. Ci saranno canti, danze, tanta allegria e un po’ di sana confusione. Tutto rigorosamente sotto il cielo stellato e al chiaro di luna. Sperando che Giove pluvio stasera se ne stia tranquillo.
Auguri vivissimi di una Santa Pasqua
giovedì 7 aprile 2022
Settimana santa
Oggi 7 aprile è vacanza in Mozambico. Si celebra il giorno della donna mozambicana. Fin dal mattino presto si vedevano gruppi di donne , molte vestite nei loro panni sgargianti che qui chiamano capulana. Fra poco più di una settimana sarà Pasqua e mi accorgo che sono ormai trascorsi due mesi dall’ultima entrata su questo mio diario che ormai si sta trasformando in bimestrale.
È stato un periodo caratterizzato da un gran caldo ( o almeno così l’ho percepito) e dalla quasi totale assenza di piogge che sembrano aver esaurito il loro carico poco dopo la prima metà di gennaio. Solo negli ultimi giorni sono arrivati degli acquazzoni e un po’ di refrigerio.
La casa dove viviamo (siamo entrati a fine gennaio) è quasi apposto ma bisogna sempre stare all’erta. Stamattina mentre montavo le tende nella stanza degli ospiti ho notato un mucchietto di terra in un angolo e ho temuto subito il peggio. Termiti! E infatti dietro tutto lo zoccolino lungo un’intera parete le bestioline erano al lavoro da qualche giorno e oltre ad aver lasciato intatta solo la vernice del battiscopa, avevano sostituito il legno con la terra che, una volta raccolta, ha riempito mezzo secchio.
Certo, i problemi veri sono ben altri, ma cosa si può fare di fronte alle catastrofi ricorrenti, provocate o “naturali”? La guerra civile nella provincia più a nord, quella di Cabo Delgado, continua a fare morti e a creare sfollati, malgrado l’intervento delle truppe del Ruanda e di una coalizione a livello regionale; la fine della stagione delle piogge si avvicina e con essa il costo dei danni provocati dai cicloni e dalle alluvioni: per dirne una: 6mila km di strade sono stati spazzati via dall’acqua negli ultimi mesi; la vita è sempre più cara: da quando sono arrivato in ottobre a oggi la benzina ( e i vari combustibili) è aumentata del 20%. Il prezzo adesso è di 77,39 meticais al litro, pari a un euro e 10cent. A buon mercato, se si paragona ai prezzi oravigenti in Europa, ma molto cara in rapporto alle tasche locali. Alcuni alimentari e generi di prima necessità hanno subito risentito di questi rincari e come sempre anche chi specula senza scrupoli si è subito dato da fare. Fatto sta che a corto raggio si intravedono sviluppi poco rassicuranti. Molta gente conosce bene le cause della situazione che stiamo vivendo e sa quello che non va e che andrebbe cambiato ma oramai prevale la tendenza a farsi gli affari propri e a tenere la bocca chiusa. Troppi tentativi di cambiamento sono stati vanificati da chi trae vantaggio che le cose continuino in un certo modo e troppa gente che si è esposta dicendo quello che pensava è stata punita, anche con la morte.
Domenica chi andrà in chiesa ascolterà la narrazione della passione del Signore. Mi torna alla mente la celebre frase di Pascal a proposito del Getsemani: «L’agonia di Cristo durerà fino alla fine del mondo. Non possiamo dormire in tutto questo tempo». Il dolore del mondo non può farci paura ma nemmeno farci girare dall’altra parte: lasciamoci toccare, almeno in parte, dalle sofferenze di gran parte dell'umanità e chiediamoci cosa possiamo fare per alleviarlo dentro il limite delle nostre possibilità.
Buona settimana santa
martedì 8 febbraio 2022
giovedì 3 febbraio 2022
Divagazioni lungo l’Umbeluzi
Chiesa- comunità
Sono le 7.30 di domenica 23 gennaio. Dopo un’alba grigia e con nuvole che minacciavano pioggia, il cielo si apre e un sole feroce comincia picchiare sulle nostre teste. Ci troviamo all’interno di una chiesa che però non ha il tetto e quindi siamo alla mercè dei fenomeni naturali. Qualcuno tra gli anziani si copre la testa con un cappello o con un foulard e man mano che i raggi cocenti si fanno sempre più feroci, si aprono anche alcuni ombrelli. Le due chierichette, i lettori e il sottoscritto siamo nella zona d’ombra proiettata dal muro di quello che un giorno (forse) sarà il presbiterio ma abbiamo il tempo contato: la zona protetta si restringe lentamente ma inesorabilmente attorno a noi.
Sono nella comunità di padre Americo, uno dei 21 punti di preghiera in cui si riuniscono i parrocchiani di Boane. Per me, questa è la settima che visito, per la prima volta. Solo in un’occasione ho dovuto tornare indietro perché la strada a un certo punto non c’era più, spazzata via dalle piogge torrenziali dei giorni precedenti.
Dopo la messa il consiglio della comunità mi invita a fermarmi per le necessarie presentazioni. Sono una decina di laici, metà dei quali maestri e professori, a capo dei vari ministeri: liturgia, finanza, catechesi, caritas, speranza… Questa è davvero una chiesa ministeriale che, malgrado le mille difficoltà che l’attraversano, da ormai quarant’anni ceca di essere chiesa-comunione, basata sulla corresponsabilità e la condivisione dei servizi e dei ministeri. È così che la fede ha continuato a crescere anche durante gli anni terribili della guerra civile quando molte parrocchie sono rimaste senza preti per più di dieci anni. E questo ha fatto sì che anche le recenti tempeste che hanno sconvolto questa parrocchia non siano riuscite a spegnere la fiamma della fede.
Casa- fortezza
Dopo aver sperato (invano) di entrare all’inizio dell’anno nella casa in rifacimento, adesso ci siamo. L’ultima cosa urgente da sistemare era la questione sicurezza: tutti quelli che abbiamo consultato ci hanno detto che andare a vivere in un luogo relativamente isolato, senza un minimo di protezione, è cercare guai in un modo insensato. Così, seppure a malincuore, ci siamo dovuti adattare a richiedere l’appoggio di un istituto di vigilanza, non tanto per proteggere beni che non abbiamo ma per poterci semplicemente sentire tranquilli dentro i muri di casa. L’aumento della criminalità a tutti i livelli e la poca fiducia che si nutre nelle forze di polizia, tristemente famose per la loro scarsa efficacia e efficienza, hanno fatto esplodere il settore delle compagnie di sicurezza.
Non siamo ancora ai livelli del Sudafrica dove già anni fa le persone che lavoravano nel settore erano numericamente il doppio delle forze di polizia, ma siamo su quella strada. Così anche noi vivremo dietro alti muri con in cima il filo spinato o aguzzi cocci di bottiglia, una recinzione elettrica e persino un guardiano notturno armato. Triste ma necessario.
Cicloni e guerriglia
Pur non avendo la forza distruttrice di un ciclone, ha comunque causato parecchi danni, rovesciando impressionanti quantità di pioggia nel giro di poche ore che hanno fatto straripare alcuni fiumi già vicini al livello di guardia da qualche giorno. I nostri confratelli nelle zone centrali del Paese (soprattutto a Tete) hanno vissuto in prima persona situazioni drammatiche. Anche qui al sud la pioggia ha causato inconvenienti: non ha piovuto molto finora ma abbiamo a che fare con dei corsi d’acqua che nascono nei paesi vicini (Sudafrica e eSwatini) dove le precipitazioni sono in genere molto abbondanti in questo periodo. È per questa ragione che l’Umbeluzi, fiume che passa a qualche centinaio di metri dalla nostra abitazione, è cresciuto fino a sommergere uno dei guadi usati da persone e da mezzi, costringendo i più di 20mila abitanti della zona sull’altra riva a un lungo giro per recarsi in città. Proprio perché siamo ormai in piena stagione delle piogge, è alto il rischio di uno o più cicloni che potrebbero colpire la costa mozambicana da qui fino alla fine di marzo. In questi giorni il ciclone Batsirai sta minaccinado la costa orientale del Madagascar. Difficle al momentoprevedere se scaricherà sull'isola tutto il suo potenziale o se l'attreverserà giungendo nel canale del Mozambico dove l'acqua calda del mare potrebbe riattiarlo. La povera gente è rassegnata e spera solo che non succeda il peggio mentre le molte agenzie di soccorso locali e internazionali preparano i loro piani di emergenza, sicure dei fondi che in questi casi non mancano mai.
Si parla invece poco, almeno qui nel sud ( ed è comprensibile perché siamo a 2mila km dai luoghi tribolati) della guerriglia che continua a provocare morti, distruzione e un grande numero di sfollati (si parla di circa 4mila persone nelle ultime settimane). Il governo punta ancora sulla soluzione militare ma gli esperti sono concordi nel dire che è un approccio sbagliato e che potrà al massimo arginare il fenomeno ma non trovare delle vere soluzioni durature.
Spingi che partirà!
Mentre attraverso la piana dell’Umbeluzi, diretto alla sede della parrocchia, vedo segnali di speranza e di preoccupazione: campi rigogliosi che promettono ottimi raccolti e zone allagate dove crescerà ben poco. Ville lussuose si alternano a catapecchie dove non dovrebbero vivere nemmeno gli animali. La strada è trafficata e sfrecciano via veloci, dove si può, alcuni grossi SUV. Ogni tanto, avvolti in genere da una nube di gas di scarico, appaiono anche degli autobus di linea che rischiano di sfasciarsi ad ogni momento, sovraffollati all’estremo, con buona parte dei passeggeri con tanto di mascherina in ottemperanza alle norme vigenti, la cui efficacia è però alquanto discutibile, viste le condizioni.
Xova, xitaduma! grida in shangana l’autista di un mezzo fatiscente a un giovanotto madido di sudore che ce la sta mettendo tutta per far avanzare il veicolo verso una leggera discesa. “Spingi che parte!”. Non è detto, ma in certi momenti è l’unica cosa che rimane da fare.
lunedì 24 gennaio 2022
Articolo pubblicato sul Popolo Cattolico di Treviglio a dicembre
Mozambico
Nuova comunità dei
Padri Bianchi a Boane
Padre Claudio Zuccala,originario
della Valle Imagna (BG), ci invia le sue prime riflessioni dal Mozambico, Paese
in cui è arrivato come giovane missionario più di trent’anni fa. Dopo alcuni
anni di presenza e di servizio nella comunità di Treviglio è ripartito per
ritrovare il suo “primo amore”. Ancora
senza “fissa dimora” ma fiducioso in una soluzione a breve termine ci parla del
presente partendo dall’inizio della vicenda personale storia che lo lega alla Pérola
do Índico
Un ritorno che sa di
nuovo inizio
Sono tornato in Mozambico l’11 di ottobre 2021, dopo poco più di 5 anni di presenza in Italia, nella comunità dei Missionari d’Africa a Treviglio.
Questo è stato il primo Paese africano dove sono giunto come giovane prete con nemmeno un anno di ordinazione, nell’ormai lontano maggio del 1988. Il battesimo africano era avvenuto qualche anno prima, in Malawi, prima di intraprendere gli studi di teologia a Londra.
La prima destinazione fu Manga, un sobborgo della seconda città del paese, Beira, balzata alla notorietà un paio d’anni fa come vittima principale del pauroso ciclone Idai che la investì in pieno. Dopo i primi anni in parrocchia in un contesto di guerra civile e di “spoliazione” della Chiesa in termini di perdita di potere, influenza e strutture, ho avuto la fortuna, negli anni novanta, di lavorare come professore e formatore negli unici seminari interdiocesani a Maputo, la capitale del Mozambico, e a Matola, nel profondo sud del Paese. È stato un periodo in cui la Chiesa e il Paese sembravano destinati ad intraprendere un cammino lineare di rinascita e di ricostruzione dalla cenere delle terribili distruzioni causate da quindici anni di guerra civile fratricida. Pochi pensavano allora che il cammino sarebbe stato molto accidentato e con parecchi episodi di involuzione.
Nel 2010, al termine di un periodo settennale alla direzione della rivista Africa, riapprodai sulle coste della Perla dell’Oceano Indiano per un periodo di altri 4 anni intervallati da un biennio in Zambia. Questo è dunque, dopo aver abbondantemente superato la boa dei sessant’anni, l’inizio della quarta fase di vita missionaria in Mozambico e nella sua chiesa e mi sembra più appropriato parlare di una ripartenza piuttosto che di un semplice ritorno. Il Paese infatti, come il resto del continente africano, si è mosso e sta cambiando ad una velocità vertiginosa per cui, se è pur vero che la storia è sempre maestra di vita, il presente pone domande e sfide inedite che richiedono risposte altrettanto innovative e originali.
La scelta di Boane
È da circa due anni che i Missionari d’Africa decisero di riprendere, dopo quasi vent’anni, una presenza nel sud del paese, il più possibile vicino a Maputo, dato che è molto utile avere un pied-a-terre nella capitale dov’è, purtroppo, accentrata la maggior parte dei servizi. L’arcivescovo di Maputo, il francescano Francisco Chimoio, ormai nell’ultimo anno del suo mandato, si mostrò molto compiaciuto del nostro arrivo, visto che furono proprio i Padri Bianchi i suoi primi formatori quando entrò in Seminario nel lontano 1960, ma ci disse anche, a chiare lettere, che non aveva nulla da offrirci dentro l’area cittadina. Come controproposta, indico la realtà di Boane, una zona e una parrocchia molto ampia a una quarantina di chilometri da Maputo, lungo la strada che porta al vicino eSwatini, (ex Swaziland). Boane è anche il nome di della città e dell’omonimo distretto, una zona largamente rurale fino a una ventina d’anni fa mentre oggi, con il quintuplo (250mila ca) degli abitanti di allora, si trova ad affrontare una fase di massiccia urbanizzazione.
La parrocchia di Boane si estende su un’area di circa 820 kmq (la metà di quella della città metropolitana di Milano) e oltre alla sede principale, in città, è costituita da 21 piccole comunità dove i fedeli si trovano regolarmente per pregare insieme, riflettere, analizzare bisogni e problemi. Probabilmente la pandemia ha interrotto la regolarità degli incontri ma lo scopriremo solo visitando la zona.
Da un paio d’anni non ci sono sacerdoti a tempo pieno anche se due membri dell’istituto dei Salvatoriani che abitano a una decina di chilometri vi prestano servizio regolare. È qui, alle porte di Boane, che ci è stata offerta un’abitazione appartenente ai missionari di Picpus che l’avevano costruita come centro di formazione. Per evitare che la casa venisse saccheggiata, è stato chiesto a un certo numero di persone di occuparla. Probabilmente però non è stato spiegato loro come si mantiene una casa e non si sono dati nemmeno i mezzi per farlo, per cui, pur essendo sano strutturalmente, l’edificio ha bisogno di parecchi interventi e di una pulizia radicale prima che possa diventare di nuovo abitabile. Inoltre all’interno non è rimasto quasi più nulla per cui bisognerà pensare a rifornirla con il minimo indispensabile. Per quel che mi riguarda, finora (siamo a fine novembre) ho goduto dell’ospitalità di due famiglie di amici che molto generosamente mi hanno alloggiato nelle loro case in città, il che si è rivelato molto utile dovendo andare da un ufficio all’altro. Tra una settimana arriverà un mio confratello tedesco che rimarrà qualche giorno in casa del vescovo e poi ci piacerebbe poter entrare a “casa nostra” per Natale anche se non è così sicuro che ce la faremo coni tempi.
Prospettive per il
futuro
La burocrazia mi ha portato via un sacco di tempo in questo inizio così come il riabituarsi a tante cose pratiche in parte dimenticate o totalmente nuove. Altro tempo, ma almeno questo utilizzato bene, è stato usato per riannodare rapporti e stabilirne altri.
Pensando a quello che verrà è difficile farsi un’idea chiara di quello che ci aspetta e di cosa riusciremo a fare. Dovremo misurare le nostre forze primo perché noi due, i “pionieri” di questa presenza, non siamo più dei giovanotti e poi per cercare di continuare la collaborazione con chi ha tirato la carretta fino ad ora.
Conoscere la realtà in cui andremo ad operare sarà fondamentale; non dovremmo avere problemi di comunicazione verbale visto che parliamo la lingua ufficiale, il portoghese, molto diffuso nelle zone urbane. Forse avremo bisogno di traduttori andando a visitare le comunità più distanti dalla sede centrale dove, credo, la maggior parte della gente usa la lingua locale, lo shangana, affine allo tsonga, parlato nel vicino Sudafrica. Mi piacerebbe avventurarmi nello studio della lingua del posto perché non solo ti apre un mondo nuovo ma ti aiuta a capire la cultura del posto che è la culla dove nasce ogni forma di linguaggio. Guardando alla mia carta di identità a volte penso che sia un tentativo un po’ velleitario ma credo che sia una giocata da tentare.
Anche se abbiamo voglia e intenzione di metterci all’opera fin da subito, sarà bene non cedere alla tentazione di buttarsi anima e corpo nel “fare”. Sono convinto che, in questo nostro tempo, le opere ormai non stiano più al centro della missione e che l’epoca presente esiga da parte di noi tutti una re-visitazione e una costante attualizzazione del concetto di missione. Penso che il cuore della missione sia quello che ha sempre dato i maggiori frutti: la testimonianza di una vita evangelica, semplice e casta. Certo, niente di nuovo, ma quante volte abbiamo agito con totale coerenza e in sintonia con questo principio e fondamento e non ci siamo invece buttati anima e corpo nella creazione di strutture che adesso non sappiamo come mantenere? Oggi siamo piuttosto chiamati ad essere sempre più una Chiesa che si fa conoscere per la capacità di stare vicino e di prendere il lato degli ultimi, segno di comunione e strumento di riconciliazione di pace piuttosto che per lo sforzo di recuperare una posizione di forza e di influenza ormai forse persi per sempre.
Sicuramente qualche decennio fa la definizione della
missione ad gentes era più netta:
oggi viviamo una situazione più fluida e tutto ne risente. All’occhio attento
però emergono o ritornano ad occupare importanza nuove direzioni e sottolineature. Pensiamo per
esempio all’impegno per l’ecologia integrale a cui ci richiama regolarmente
papa Francesco e che solo qualche anno fa non sarebbe stato minimamente
sfiorato parlando dello specifico della missione ad gentes. Oppure a temi come l’opzione fondamentale per i
poveri (o meglio, gli impoveriti) e la liberazione, forse accantonati perché
rischiavano di essere politicizzati ma tornati oggi prepotentemente in prima
linea.
Chiudo con una riflessione che mi è venuta fatta
mentre osservavo,un paio di giorni fa, gli 80 giovani cresimati (150 in due
giorni) durante una celebrazione marcata dalle coinvolgenti danze e canti in
shangana. Ecco una grande risorsa dell’Africa e della chiesa locale: la sua
giovinezza e la sua vitalità. Il 50 % della popolazione mozambicana è sotto i
14 anni. A questi giovani, soprattutto, siamo inviati e chiamati ad offrire una
testimonianza semplice e autentica della bellezza della fede e della gioia profonda
e vera che troveranno nell’incontrare Gesù che, pur con la nostra povertà e i
nostri limiti, saremo capaci di presentargli.
A tutti quelli che leggeranno queste righe mando i
miei più cari auguri per un anno nuovo ricco di benedizioni. Che il Signore
conceda a ciascuno di voi quello di cui ha più bisogno per essere davvero
felice e testimone del suo amore.
Un caro saluto