mercoledì 10 febbraio 2010

martedì 9 febbraio 2010

Lusaka e dintorni

Lusaka è una grande città con circa 2 milioni di abitanti che, a parte qualche bel viale alberato, non presenta nessun luogo di interesse. Ci sono un paio di cattedrali, una cattolica e l’altra anglicana, entrambe di recente costruzione ma niente di che dal punto di vista architettonico. Del passato coloniale non è rimasto praticamente nulla degno di nota, nemmeno qualche mostruosità come il Grande Hotel a Beira. Negli ultimi anni sono spuntati vari nuovi centri commerciali (copie di quelli disseminati ovunque in Sudafrica) e altri sono in costruzione ma la cosa non è particolarmente eccitante, almeno per me. In ogni caso sono venuto qui per vedere in quali attività sono coinvolti i miei confratelli e rendermi conto (molto superficialemnte) della situazione locale.

Chiese piene

Ho trascorso domenica mattina in una parrocchia nel quartiere di Kabwata, nella zona sud della capitale. Due messe, quattro ore. La prima, alle 7, in chinyanja (pronunciato ciniangia), la seconda, dopo le 9, in inglese. Chiesa stracolma alle 7 e piena per la seconda. È vero che le chiese istituzionali sono in crisi un po’ dappertutto ma qui in Zambia mi dicono che la partecipazione è ancor elevata e domenica ne ho avuto la prova lampante. Inoltre, tornando a casa, ho notato altre 5-6 chiese protestanti, lungo la strada che porta alla nostra parrocchia, tutte, a giudicare dalla gente che vi sostava attorno, ben frequentate.

Kabwata è una zona abitata da gente del ceto medio: il loro tenore di vita lo si deduce dall’abbigliamento e dal numero di macchine nel piazzale della chiesa. Facendo quattro passi nel quartiere si ha però la percezione di un notevole degrado: la strada che porta alla chiesa è malridotta con larghe pozzanghere fangose che costringono veicoli e pedoni a varie gimcane. Blocchi di appartamenti di due o tre piani mostrano notevoli segni di incuria e invano uno cerca qualcosa di grazioso e piacevole alla vista.

All’interno della chiesa la gente ascolta la Parola di Dio, prega, canta, balla. Molti hanno portato con se una copia della Bibbia per poter meglio seguire le letture del giorno. Esprimono una fede vibrante e viva. Non fuggono dalla realtà quotidiana, anzi: chiedono al Signore la forza e la serenità di affrontare gli ostacoli e le difficoltà che incontrano, di convertirsi e di cambiare il mondo in cui vivono. Individualmente ma soprattutto tramite la presenza di altri tanti credenti. Si diventa cristiani con e per mezzo di altre persone, uniti dall’amore di un solo Dio, condividendo la stessa fede e la stessa speranza.

Oppio dei popoli

Le baraccopoli che si estendono attorno ogni grande città africana hanno vari nomi: locations, townships, extensions. Qui a Lusaka sono generalmente chiamate compounds. Ieri ho trascorso il pomeriggio in una di loro, Bauleni, nella zona est della città. Dopo tutti questi anni non riesco ancora ad abituarmi alle miserabili condizioni di vita delle persone che abitano in queste aree. Così come non riesco a capacitarmi di come non scoppino frequenti e violentissime rivolte, contro il Governo, la ricchezza ostentata da alcuni in modo osceno, i quartieri benestanti. Lo so che probabilmente ciò peggiorerebbe la situazione ma mi aspetto sempre di trovare rabbia e disperazione tra questi quartieri poverissimi. E invece no. Stoica sopportazione? Mancanza di istruzione che permetta alla genta di preparare cambiamenti o almeno di pensarli possibili? Innata rassegnazione?

Mi hanno detto che a Bauleni (impossibile dire quanta gente ci abiti: decisamente qualche decina di migliaia di persone) ci sono 85 diverse denominazioni di chiese cristiane. In molte di loro si effettuano sessione di preghiera che promettono la liberazione da tutti i mali: fisici e morali. Sono entrato in un paio di esse. È uno spettacolo insolito con gente in una specie di trans che ripete in modo ossessivo parole dal sapore magico, con altri che gridano come invasati attorno a una persona per liberarla dagli spiriti maligni, con improvvise guarigioni e gente che stramazza per terra, visitata dal divino. In alcuni casi è certamente una maniera per ridurre stress e tensione, per sentire la solidarietà di altri esseri umani, per non impazzire nell’inferno di una esistenza ai limiti dell’umano. In pochissime di queste chiese però si parla di giustizia, di pace, di cambiamento. Della religione si preferisce il fattore oppiaceo, anestetico. Anche perchè spesso è un business che rende discretamente.

Orgogliosa d'essere mamma

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sabato 6 febbraio 2010

Ultime da Lusaka

Sono arrivato a Lusaka mercoledì pomeriggio su un volo vuoto della Air Namibia che collega Johannesburg alla capitale dello Zambia (ho optato per il maschile) 4 volte alla settimana. Servito da una hostess molto simpatica che ogni dieci minuti mi chiedeva se volevo qualcosa da bere ho dovuto limitarmi a due lattine di Winhdoek lager, la buona birra namibiana. Siamo passati sopra lo Zimbabwe coperto da un velo di nuvole che man mano si ispessivano avvicinandoci alla meta. A Lusaka diluviava. Sbrigate le formalità doganali in pochi minuti (gli italiani hanno bisogno di un visto di entrata che viene immediatamente messo nel passaporto previa consegna di 50 dollari americani. Il visto è valido per tre mesi. Come in Sudafrica, solo che là è gratis.)

Ad aspettarmi c’era un confratello indiano, Jaya, che mi ha portato a Kasisi, a una decina di km dall’aeroporto, dove buona parte dei Padri Bianchi che lavorano in questo Paese erano in riunione per un paio di giorni. La strada era in uno stato pietoso, non meglio di certe piste in Mozambico. Dopo i saluti e una tazza di te (non ho trovato un caffè decente nelle case dei religiosi, tranne nella nostra a Beira e in quelle dei Monfortani bergamaschi in Malawi) ho approfittato del ritorno in città di un prete zambiano per farmi dare un passaggio. Per due giorni sono stato ospite a casa di Candy Marandola (che ho conosciuto a Jo’burg) e di sua mamma Aline. Candy, in Zambia da vari anni, è una giovane donna molto intraprendente: in città ha aperto un negozio-laboratorio di gioielli (lei è una gemmologa laureata), a 25 km da Lusaka dirige una fattoria dove alleva mucche da carne e coltiva pomodori, un semestre l’anno insegna gemmologia all’Úniversità e e da’una mano alla Ong fondata dal padre (vedi http://www.sharinglifenet.org/).

La sera siamo usciti a mangiare al club italiano, Il Portico. Ambiente un po”retro”e leggermente coloniale (nel buon senso del termine). La pizza era veramente buona e i tempi di attesa incredibilmente corti. Ho assaggiato la birra locale che si chiama Mosi.(Forse ce ne sono altre, vedrò di indagare). Leggera, frizzante e molto gradevole al palato: proprio una ”bionda” come piace a me.

Il giorno dopo, giovedì, Candy doveva fare degli acquisti per la farm in varie zone della città e questo mi ha dato modo di cominciare a conocerla anche se sotto un cielo pumbleo e una pioggia fine e fitta non è stato un gran bello spettacolo.

Venerdì siamo andati in fattoria. La distanza non è molta ma la strada è rovinata dalle recenti pioggie e dai camion che vanno a prendere sabbia da costruzioni non lontano dalla fattoria. Nell’attraversare un ponticello notiamo un gruppetto di persone intente a catturare qualche pesce nel canale sottostante con delle reti improvvisate.Una volta arrivati abbiamo subito un bel problema tra le mani: due dei tre pilastri su cui è appoggiato il grande serbatoio di 20.000 litri che da’acqua a tutta la fattoria si sono inclinati (forse a causa degli acquazzoni che hanno impreganto e ammorbidito il terreno) e la cisterna rischia di cadere giù. Al momento non si può far molto se non pensare a come rinforzare i pilastri per impedirne la caduta rovinosa.
Torniamo in città e si scatena un altro temporalone. La sera Candy mi porta nella casa dei padri a Woodlands, un quartiere di Lusaka.
Oggi, sabato, dopo un inizio grigio e freschino, splende il sole.

martedì 2 febbraio 2010

In partenza

Oggi è una bellissima giornata, una delle poche che si sono viste a Johannesburg negli ultimi tempi. Domani parto per lo Zambia ( o la Zambia, a secondo delle vostre preferenze. Chissà perchè si dice il Gambia ma la Nigeria? La Guinea ma il Ruanda? Se qualcuno lo sa metta un post sul blog, magari scrivendo dal suo loft, mentre sorseggia un drink con un occhio attento al trend per non sbagliare look…Tranquilli, è solo un colpo di sole, domani potrei stare di nuovo bene).

L'ultima di venti
Bando alle ciance, i titoloni dei giornali di questi giorni si sprecano sul ventesimo figlio del Presidente sudafricano,l’irriducibile Jacob Zuma che evidentemente vuol essere Padre della nazione nel senso letterale del termine.
A 68 anni suonati, il panciuto presidente, a quanto pare agilissimo in camera da letto, ha avuto una bambina dalla trentanovenne Sonono Khoza, un divorzio alle spalle, figlia di Irvin Khoza, presidente del comitato organizzatore della coppa del mondo nonchè proprietario di una squadra di Soweto, gli Orlando Pirates, conosciuto come “il duca di ferro” e amico di lunga data del Presidente. Detto per inciso Khoza c’è rimasto molto male affermando che si è sentito tradito daquesto modo di fare. La piccola è nata a ottobre, tre mesi prima che Zuma si sposasse per la quinta volta, ma la notizia è apparsa sui giornali solo questi giorni ,scatenando un mare di polemiche.
Pensando a vicende di casa nostra simili a questa, non ci può nemmeno meravigliare troppo ma resta il fatto che quando si è capi di governo la distinzione fra pubblico e privato diventa veramente sottile e l’opinione pubblica si aspetta un comportmento più serio e consono al ruolo (e ai privilegi) che uno ricopre.
Interessante notare che dall’ufficio della presidenza non è arrivata nessuna smentita sulla recente paternita'.

Traffico droga
L’altro fulmine a ciel sereno è esploso venerdì: Sheryl, la moglie del ministro della sicurezza Siyabonga Cwele (l’equivalente del nostro Maroni), una piacente signora di 50 anni, è stata arrestata dietro l’accusa di essere implicata nel commercio di droga. La cosa sembra molto seria perchè le è stata negata la liberà condizionale per cui deve starsene in carcere in attesa di giudizio.
Anche qui polemiche a non finire con tanta gente che si chiede come ci si possa sentire sicuri nelle mani di un ministro la cui moglie gliel’ha fatta (grossa) sotto il naso. A meno che…

Ritorno a KwaNdebele
Mentre tutto questo scatenava dibattiti accalorati su giornali, stazioni radio e televisione, io sono andato a fare una scappata in KwaNdebele, a circa 100 km a nord dalla capitale Pretoria, dove ho trascorso tre annni lavorando in parrocchia. I Padri bianchi hanno lasciato un paio di anni fa a motivo di mancanza di personale. Il loro posto e' stato occupato da un giovane prete diocesano che fra non molto consegnera' a sua volta l'incarico nelle mani di una comunita' di cappuccini zambiani. Quando torno dallo(a) Zambia magari riuscirò anche a caricare qualche foto.

A presto. Salani kahle (statemi bene, in Zulu).

lunedì 25 gennaio 2010

Foto on line

Carissimi, ho caricato alcune immagini sul sito http://www.flickr.com/ Il mio nickname e' travel_companion
Dovreste essere in grado di accedervi direttamente cliccando questo link:
http://www.flickr.com/photos/14735924@N06/
Le immagini sono a media definizione. Se qualcuno volesse una copia ad alta definizione saro' felice di inviargliela per email. Fatemi sapere se c'e' qualche problema tecnico. L'indirizzo mail e' sempre il solito: c_zuccala@hotmail.com

Ciao

venerdì 22 gennaio 2010

18-23 gennaio


Sudafrica rurale

A Johannesburg pioveva tutti i giorni (niente di eccezionale, dopotutto è la stagione delle piogge) e anche per questo ho accettato volentieri l'invito di amici a trascorrere alcuni giorni nella loro fattoria in una zona del Sudafrica dove in genere le precipitazioni sono scarse. Così lunedì mattina siamo partiti per Mooketsi, una località circa 400 km a nord. Questa zona era chiamata Northern Transvaal fino a pochi anni e ora è stata ribattezzata con quello più africano di Limpopo. Anche il capoluogo ha cambiato nome: da Pietersburg a Polokwane.
Siamo in sei in due macchine: Stefano, sua moglie Barbara e sua mamma Liliana, due amici di famiglia, Mario e Patrizia, qui in vacanza e il sottoscritto. L'autostrada è priva di traffico e in meno di 3 ore siamo a Polokwane. In periferia noto immediatamente il nuovissimo stadio che ospiterà 4 partite dei Mondiali tra cui Messico-Francia. Poco dopo iniziamo la discesa verso la farm di Stefano, 350 ettari coltivati a frutta (manghi e avocado) situati nel largo e spazioso fondovalle che si apre sotto di noi.

Occhio ai serpenti

La fattoria è un posto tranquillo nonostante la febbrile attività che si svolge nei campi: è il momento della raccolta dei manghi che si protrarrà fino alla fine di marzo e oltre a questo c'è sempre da fare in un posto come questo. La casa però è un'oasi di tranquillità con un ampio giardino di fronte e una piccola piscina dove fare un tuffo rigeneratore quando il caldo si fa insopportabile. E' proprio in piscina che il primo giorno trovo un piccolo serpentello di una ventina di centimetri. Sembra innocuo e più morto che vivo ma una volta estratto dall'acqua si riprende e si rivela abbastanza aggressivo. Una più accurata ispezione rivela che si tratta di un mamba nero, uno dei più pericolosi serpenti dell'Africa australe. A questo punto decido di usare il bastone con cui lo stuzzicavo per eliminare la minaccia. Il giorno dopo la domestica rischia di essere morsicata da una vipera locale mentre cammina a piedi nudi nel prato, a pochi metri dalla piscina. Il dente scivola sulla pelle, la donna fa un balzo all'indietro e poi d'istinto percuote il rettile con il manico del retino che aveva in mano spezzandogli la schiena. Il giorno dopo stessa sorte capita ad un'altra vipera, questa volta lunga due metri, che da giorni lasciava le sue tracce sul terreno polveroso attorno alla casa.

Sortita al Kruger
Mario e Patrizia manifestano il desiderio di andare un paio di giorni al Kruger Park che si trova ad appena un paio d'ore di macchina e mi chiedono se ho voglia di accompagnarli. Accetto volentieri. Questo è il principale parco naturale del Sudafrica e uno dei maggiori in Africa. È lungo circa 350 km e ad est confina interamente con il Mozambico. È proprio in collaborazione con l’antica colonia portoghese che si è deciso di estedere l’area del parco che ora non obbedisce più alla divisione geografica (ne ha parlato Silvia Turrin su Africa qualche tempo fa).
Appena entrati nel parco la fortuna ci arride e scorgo subito un bel leone accovacciato sotto un’acacia per proteggersi dal feroce calore del sole. Questo mi fa guadagnare una cena, visto che Mario aveva deciso che quello era il premio in palio per chi avesse avvistato il re della foresta per primo. Incontriamo numerosi gruppi di impala (un tipo di gazzella), scorgiamo da lontano una mezza dozzina di elefanti che brucano vicino alle sponde di un fiume e ci imbattiamo in un paio di giraffe. Al tramonto decidiamo di salire sulla jeep del ranger per un minisafari organizzato dall’accampamento dove pernotteremo. Mentre passiamo su un ponticello sul fiume Olifants che attraversa il parco in senso latitudinale scorgiamo un enorme ippopotamo a poche metri da noi. Il bestione è immerso in una pozza poco profonda per cui non può immergersi e sottrarsi alle nostre macchine fotografiche ma ci gira sistematicamente la schiena con un fare da primadonna veramente indisponente. A destra, a un centinaio di metri, con il sole che sta tramontando dietro di lui, si staglia la gigantesca stazza di un solitario elefante maschio. Ha delle zanne enormi che luccicano quando i raggi del sole cadente vi cadono sopra. A valle, a una trentina di metri dal pigro ippopotamo c’è un gaio elefante di 5-6 anni (un giovinetto, considerando che i bestioni arrivano facilmente ai 40-45 anni) che ci viene incontro anche perché provengono dei richiami, a lui indirizzati, dal fitto della boscaglia dall’altro lato della strada dove intravediamo degli esemplari adulti. Comunque il nostro elefantino non ha nessuna fretta: mentre caracolla verso il branco ne approfitta per staccare qualche ramo pieno di tenere foglioline e si lascia fotografare a piacimento. Le foto? Domani o dopo, appena torno in città e mi collego ad internet con la banda larga.

Quattro passi in savana
La mattina seguente Mario e io facciamo la pazzia di alzarci alle 4 del mattino per una camminata in savana accompagnati da due ranger. Partiamo con la jeep e poco prima di scendere ci imbattiamo in 4 leonesse con piccoli sdraiate in mezzo alla strada che si alzano abbastanza seccate dal nostro passaggio. Poco più in al un paio di elefanti enormi appaiono all’improvviso dalla boscaglia. Così, quando scendiamo dalla vettura un paio di km dopo, il pensiero va alle bestioline appena incontrate e ci sentiamo un po’ a disagio. Mi rincuora la vista dei due fucili per caccia grossa in mano alle nostre guide; a meno che veniamo attaccati da una mandria di bufali inferociti non dovremmo avere problemi. In mani esperte quelle armi possono abbattere con un solo colpo un elefante maschio adulto. Camminiamo per due ore in mezzo alla savana; gli occhi esperti dei ranger individuano una grossa mandria di elefanti nel fitto della boscaglia: gli siamo sottovento e ciò ci permette di arrivargli vicino. La distanza è comunque di sicurezza visto che hanno dei piccoli e potrebbero irritarsi o reagire aggressivamente. Poi mentre siamo seduti su un tronco per uno snack si avvicinano due eleganti e curiose giraffe. Dietro di loro appaiono alcune zebre. Per un po’ ci sentiamo noi gli osservati. Troviamo ampie tracce di rinoceronti (impronte, escrementi, uno spiazzo dove hanno dormito) ma i bestioni non si vedono. Peccato, sarebbero stati il finale perfetto di questa insolita passeggiata. Domani si torna nella giungla di Josi (vezzeggiativo per Johannesburg). Mi viene da pensare che alcune volte è più sicura la compagnia di leoni e di elefanti di quella di alcuni nostri simili e la savana meno pericolosa delle nostre strade e palazzi.