6 settembre 2010
Maputo: un’isola (non così) felice
Sono a Maputo da 5 giorni e la città è ritornata alla normalità, dopo i gravi disordini di una decina di giorni fa che sono costati la vita (ufficialmente) a 13 persone, causato ferite più o meno gravi (molte da armi da fuoco) ad altre 443 e paralizzato la capitale per due giorni. Le uniche tracce evidenti, oltre a un notevole dispiegamento di polizia e militari, sono alcuni veicoli bruciati, le chiazze nerastre sulle strade, dove sono stati incendiati gli pneumatici che hanno fuso lo strato superficiale dell’asfalto e le decine di lampioni stradali e di semafori messi fuori uso.
Maputo ha così dimostrato quello che realmente è e non l’isola felice che può sembrare al distratto uomo d’affari o al turista di un viaggio organizzato che viene in genere ospitato in hotel a 6 stelle o nelle zone esclusive della città. Una città dove pochi (e fra quei pochi, ci sono tutti i membri del governo e quelli che ricoprono le posizioni al top del partito al potere) godono e fanno sfoggio senza vergogna e senza ritegno di una ricchezza così grande da essere immorale solo per le sue proporzioni e dove molti (soprav)vivono alla giornata.
A Maputo in particolare e nel Paese in generale, una parte della società, costituita da chi gestisce il potere economico e politico è schizofrenica, profondamente malata, e vive, si comporta e parla come se vivesse a New York, Londra e Parigi e non nella capitale di uno dei Paesi più impoveriti del mondo. E dire che alcuni di loro, non tanto tempo fa, avevano combattuto per la libertà di questo popolo e per la realizzazione di una società più giusta e più umana.
Di fronte alla sommossa, alcuni membri dell'esecutivo se ne sono usciti con risposte insufficienti e addirittura stupide che hanno avuto come unico risultato quello di infiammare ancor di più gli animi. Una settimana dopo, il Governo ha finalmente varato un decreto che riporta molti prezzi (in primis quello dalle pane) a come stavano prima degli ultimi aumenti. Il decreto è valido fino alla fine dell’anno. Poi si vedrà.
(Potenziali) bambini soldato
Nel vedere le immagini dei disordini, sono rimasto molto colpito dal numero di giovani e giovanissimi coinvolto nella costruzione di barricate e nelle scaramucce con le forze dell’ordine. La guerriglia impari di Maputo (con giovani e ragazzi da un lato che lanciavano pietre e oggetti contundenti e, dall’altro, i militari e poliziotti che gli sparavano addosso con fucili a pompa e kalashnikov) ha mostrato chiaramente che nelle città del Mozambico esistono dei vasti eserciti disorganizzati e informali, costituiti dalle migliaia di bambini, ragazzi e giovani senza famiglia, senza lavoro e senza istruzione, pronti a scendere in strada (anche perché molti già ci vivono) per dar battaglia al minimo segnale di disordine e di rivolta.
I ragazzi in queste situazioni costituiscono un potenziale e impressionante serbatoio di rivoltosi in potenza. Hanno magari un tozzo di pane giornaliero su cui sopravvivere, ma vivono senza una famiglia e un po’ di affetto, senza istruzione, né sogni, né speranze, e potrebbero in qualsiasi momento paralizzare il Paese, specialmente se guidati da qualche capopopolo astuto e capace. E allora sarebbero in vari a doversi spostare in elicottero tra una città e l'altra e non solamente il presidente Guebuza che ultimamente ha preso gusto ad andarsene in giro in questi zanzaroni d’acciaio (affittati in Sudafrica) in barba alla miseria della sua gente.
Tutti (o quasi) al mare!
Domenica 12 settembre
La giornata è bellissima e decido di trascorrerla al mare. È la prima volta da quando sono arrivato e parto in direzione di Marracuene, a una trentina di km a nord est di Maputo. Per arrivare in spiaggia bisogna attraversare il fiume Inkomati e lì ritrovo il vecchio ferry boat che risale al tempo coloniale. Rabberciato e probabilmente con un nuovo motore, continua a fare la spola tra una riva e l’altra del fiume. Porta 6 macchine alla volta (dipendendo dal livello della marea che qui si fa ben sentire, salirci a volte è un’impresa, soprattutto se uno ha un veicolo basso) più qualche bici e moto, capre, galline e, naturalmente, gente. A volte sorgono dei problemi al ritorno, quando dopo abbondanti bevute sulla spiaggia, qualcuno non vuole aspettare in coda. Scoppiano discussioni animate, condite da urla, improperi e insulti ma difficilmente si viene alle mani anche perché l’equipaggio del ferry si rende utile anche come buttafuori in casi estremi.
In prossimità della spiaggia, noto che, negli ultimi anni, sono sorte varie zone di campeggio (l’ultima volta che sono passato di qui dev’essere stato nel 2000 e ne esisteva una sola ) e mi dirigo verso una di loro. Il posto ha un distinto sapore sudafricano e in effetti scopro che la gestione è in mano a dei connazionali di Mandela. Non c’è molta gente in giro perché l’estate non è ancora cominciata. Supero a piedi l’ultima duna e scendo in spiaggia: la brezza che spira dall’oceano è piacevolmente fresca e l’acqua irresistibilmente invitante. È il primo bagno in mare dal mio arrivo ed è decisamente un'esperienza da ripetere.
Nel pomeriggio assaggio un pesce appena pescato mentre guardo il Gran premio di Monza sul megatelevisore che troneggia nella sala da pranzo del complesso turistico. Impensabile anche solo qualche anno fa.