venerdì 15 ottobre 2021

Diario dei primi giorni

Lunedì 11

Dopo 5 anni di assenza (se non conto la breve visita di tre anni fa) eccomi di ritorno in Mozambico. Atterro all’aeroporto internazionale di Maputo alle 9.30 del mattino, accolto da una piacevole temperatura di 22°.Il volo da Malpensa passando per Doha è andato via liscio. Da porta a porta (Fuipiano – Maputo) ci sono volute 24 ore inframmezzate da piacevoli pause. I due velivoli erano pieni per un terzo –segno forse che la “normalità” non è ancora tornata – e questo ha reso il viaggio più piacevole. Ad aspettarmi all’aeroporto c’era Coco, moglie dell’amico Bertrand. È  in casa di questa giovane coppia francese con i loro due bambini che sono alloggiato perché per il momento sono “senza fissa dimora”! 

Il pomeriggio, dopo una bella siesta ristoratrice, sono andato a fare due passi con Coco sul lungomare. Mi sono ricordato di quando ho percorso questo tratto 33 anni fa, in compagnia di padre Alberto che mi aveva accolto al mio arrivo a Maputo. Allora infuriava ancora la guerra civile, il paese era inginocchio, le infrastrutture collassate, le strade piene di buche con poche macchine a circolarvi. Oggi l’arteria che costeggia il mare è un’ampia strada a quattro corsie, costeggiata di palazzi, ristoranti, uffici, negozi e abitazioni per la maggior parte nuove. Alla sera ci si ritrova con un’altra coppia di amici di lunga data, Stefano e Serina, per festeggiare l’occasione.

Martedì 12

Il mattino cerco di mettermi in contatto con l’arcivescovo ma il segretario mi dice che è occupato e che potrà ricevermi solo domani. Decido di passare dalla nunziatura apostolica per presentarmi ma anche il nunzio è indisponibile perché in viaggio. Procedo allora verso il Seminario S. Pio X dove ho trascorso 4 anni come professore e formatore negli anni 90. Incredibilmente la signora che lavora alla reception mi riconosce a più di 30 metri di distanza pur nascosto da mascherina e occhiali da sole e dopo 5 anni di assenza!

Già, la mascherina. Ancora obbligatoria quando si entra in locali pubblici o sui mezzi e in caso di affollamento. Ufficialmente ieri ci sono stati solo 15 nuovi casi su una popolazione di più di 30 milioni, e nessun decesso. Alle 11 di sera tutto dev’essere chiuso e quindi verso le 10 quasi nessun locale rimane aperto. Fa discutere la decisione di proibire l’accesso alle spiagge, giustificato però dalle autorità a causa della folla che si era riversata sulla costa 15 giorni fa in occasione di una breve riapertura. Si attendono sviluppi, soprattutto con l’estate ormai alle porte.

Mercoledì 13

Verso le 9 del mattino vengo ricevuto dall’arcivescovo di Maputo, il cappuccino Francisco Chimoio che conosco fin dai tempi in cui era giovane frate. Dopo aver parlato un po’, mi chiede se ho tempo e voglia di andare a vedere la zona dove ci chiede di installarci. Accetto prontamente e ci sistemiamo nel suo pickup Toyota con lui alla guida, rigorosamente nel suo saio francescano. Mi colpisce che non abbia l’autista e che la macchina sia un semplice camioncino, senz’aria condizionata. San Francesco docet…

Ci avviamo verso Boane, località a una quarantina di chilometri dal centro di Maputo. È un tratto di strada in buono stato  ma molto trafficato e con gli immancabili lavori in corso che ci costringono a continui rallentamenti. Arriviamo sul luogo dove sorge una piccola chiesetta costruita nel periodo coloniale quando era usata come luogo di culto soprattutto dai militari e dalle loro famiglie che vivevano nella vicina base. Adesso si utilizza il salone accanto e, in tempo di Covid, gli spazi aperti tutt’attorno. Mentre stiamo parlando, uno dei laici che ci accompagna, ci dice di aver ricevuto un messaggio da parte del Provinciale dei Padri dei Sacri Cuori (quelli di padre Damiano per intenderci, l’apostolo dei lebbrosi, immortalato nel film Molokai) che ci invita a visitare la loro casa situata nelle vicinanze. Si tratta di una struttura molto grande, lasciata dalla congregazione tre anni fa, dove vivono alcuni laici per impedire che la casa vuota venga saccheggiata. Così partiamo alla volta dell'abitazione  che dovrebbe diventare la residenza della comunità di cui sono il pioniere. Certo, ci sarà molto da fare per renderla abitabile e accogliente ma mi sembra strutturalmente sana. Tornando in città l'arcivescovo mi invita a pranzo e ci sediamo ad una tavola lunga 15 metri, per fortuna non alle estremità opposte!

Giovedì 14

Coco, la padrona di casa, mi invita ad andare con una sua amica alla località di Ponta de Ouro per visitare un progetto comunitario culturale-ludico pensato soprattutto per i bambini. Ponta de Ouro è una rinomata stazione turistica all’estremo sud del Paese, distante un centinaio di km dalla capitale. Come in tante altre parti del mondo, il Covid ha avuto pesanti ripercussioni sulle attività legate al turismo. Molti locali sono ancora chiusi e i primi turisti, soprattutto sudafricani, cominciano solo ora a riapparire. La cittadina ha un’aria spenta e dimessa. Inoltre le spiagge sono ancora chiuse (più precisamente a Ponta è proibito entrare in acqua!) ed è un peccato perché ieri avremmo fatto volentieri un bagno nelle acque trasparenti etiepide dell’Oceano Indiano visto e considerato che alle 3 del pomeriggio la colonnina di mercurio indicava i 38 gradi!


lunedì 20 settembre 2021

Settembre, andiamo. È tempo di migrare


Dopo un'alquanto laboriosa richiesta del visto d'entrata in Mozambico, non solo quest'ultimo è incollato nel mio passaporto da una settimana ma è anche ora di preparare il viaggio perché il tempo della partenza è ormai vicino. 
Conto di involarmi verso l'emisfero australe il 10 ottobre prossimo. Destinazione: Boane (città e distretto), nel sud del Mozambico, a metà strada tra la capitale, Maputo e la frontiera con il regno dell'Eswatini (ex Swaziland). Troppo presto per dire che situazione troverò e cosa mi sarà chiesto di fare. Preferisco arrivare sul posto e poi dare informazioni attendibili e di prima mano.
Per gli aggiornamenti, controllate questo spazio. 






venerdì 5 aprile 2019

Mozambico. Danni enormi e paura epidemie. Ma la vita riprende.


Sono passate esattamente tre settimane da quel venerdì 15 marzo in cui le centinaia di migliaia di persone della città di Beira e della regione circostante, hanno constatato, dopo una notte di paura, gli effetti devastanti del ciclone Idai. Case distrutte, senz'acqua e luce. Strade impraticabili. Morti e feriti.
Il bizzarro percorso del ciclone Idai
Purtroppo il peggio doveva ancora venire: il ciclone nella sua furia si è diretto verso il vicino Zimbabwe scaricando torrenti di pioggia che sono andati ad alimentare fiumi già gonfi di acqua che si sono riversati nell’Oceano Indiano andando a colpire nuovamente le popolazioni  residenti nelle pianure alluvionali della provincia di Manica e Sofala.
I tre Paesi colpiti, Malawi, Mozambico e Zimbabwe non solo piangono più di un migliaio di vittime ufficiali ma sono prostrate dopo un flagello che ha distrutto infrastrutture, sepolto chilometri quadrati di campi coltivati sotto una spessa coltre di fango e di sabbia e spazzato via i sacrifici di una vita.
Ovunque si guardi lo scenario presenta una devastazione diffusa. Ci vorranno anni di duro lavoro e di finanziamenti massicci per sanare una zona in preda a grosse criticità ancor prima della terribile mazzata sferrata dal ciclone.
Amelia, con la piccola Sara partorita in un albero, dove si era rifugiata
per sfuggire all'inondazione. Con lei il figlio maggiore, 2 anni.
I tre sono stati salvati dopo 2 giorni annidati fra i rami e stanno bene
Pian piano la vita riprende, tra mille difficoltà e ostacoli. Non piove più da un paio di settimane e questo potrebbe voler dire che la stagione delle piogge si è conclusa. Al momento si registrano centinaia di casi di infezione colerica anche se è in atto una massiccia campagna di vaccinazione contro il morbo. Purtroppo in molte zone la gente è ancora costretta a bere acqua infetta. Viste le drammatiche condizioni di un numero enorme di persone, si prevede anche un considerevole aumento di casi del grande killer di quelle zone, la malaria.
Delle 130mila persone che si erano rifugiate nei centri di assistenza sono varie quelle che ritornano a casa ogni giorno. Spesso trovano appena qualche traccia delle loro misere abitazioni ma è lì che vogliono ricominciare. Qualche palo o canna di bambù, un po’ di paglia come tetto e una stuoia su cui allungarsi la notte: si ricomincia così, quasi da zero.

Appello dell’Arcidiocesi di Beira

Tra le quasi 3500 scuole distrutte totalmente o parzialmente dal ciclone, ci sono anche quelle che appartengono all’arcidiocesi di Beira.
Pubblico di seguito l’appello della commissione ad hoc che ho ricevuto ieri

Carissimi amici,
Nella misura in cui i giorni passano, ci rendiamo conto dei segni lasciati dal ciclone Idai in ogni angolo della nostra Diocesi. Ci consola il fatto di sapere che non siamo soli, che molte persone accompagnano da lontano o da vicino la nostra sofferenza, pregando per noi e cercando di aiutarci. Pensando alla situazione della rete di scuole cattoliche che raggiunge più di 23 mila alunni e ingloba scuole di livello medio e superiore, alfabetizzazione di adulti edi formazione agraria e professionale, la Commissione di Emergenza Ciclonica ha deciso di dare inizio alla campagna di riabilitazione di alcune scuole di insegnamento medio e superiore in generale. Sono nove le strutture che hanno maggiormente bisogno di intervento.

Quattro nella città di Beira

Scuola della cattedrale
1. SCUOLA MEDIA/SUPERIORE DELLA CATTEDRALE: quartiere Ponta-Gêa, 9 aule danneggiate;
2. SCUOLA MEDIA/SUPERIORE “NOSSA SENHORA DE FÁTIMA”: quartiere Esturro, 9 aule danneggiate;
3. SCUOLA MEDIA/SUPERIORE “SÃO JOÃO BAPTISTA”: quartiere Matacuane,  6 aule danneggiate;
4. SCUOLA MEDIA/SUPERIORE “SÃO JOSÉ”: quartiere Munhava, 18 aule danneggiate;

Quattro nella zona di Manga, a 10 km da Beira

Scuola Santos Incentes
5. SCUOLA MEDIA/SUPERIORE “SAGRADA FAMÍLIA”: 13 aule danneggiate;
6. SCUOLA “BOM PASTOR”: 6 sale di aula danneggiate;
7. SCUOLA COMUNITARIA “SANTOS INOCENTES”: 29 aule danneggiate;
8. SCUOLA “JOÃO XXIII”: 9 aule danneggiate;

Una nella zona di Inhamizwa ( a 20 km da Beira)

Scuola Sagrada Familia
9. SCUOLA “NOSSA SENHORA DA PAZ”: 5 aule danneggiate

Secondo il parere tecnico di una impresa legata all’ambito della costruzione civile, il rifacimento del tetto di ogni aula di 42 mq costerebbe circa 140mila meticais (2mila Euro) e per il recupero totale di tetto, porte, finestre e pitturai, il costo si aggira sui 210mila mt (3mila Euro)
Se volete impegnarvi con noi a beneficio dell’istruzione dei nostri alunni, potete partecipare versando la vostra offerta sul conto bancario qui sotto, specificando nella causale che la donazione è per la ricostruzione delle scuole.
c/c intestato a : Diocesi di Vicenza
c/o Banco BPM – Vicenza
IBAN IT77 M 05034 11806 000000003528
Causale: Progetto ricostruzione scuole diocesi Beira

Nel caso facciate qualche donazione chiediamo di informarci inviando una mail a arquidiocese@diocesebeira.org 

martedì 2 aprile 2019

Mozambico. Notizie da Beira

Ecco alcune notizie giunte ieri e l'latro ieri. Il primo è un comunicato della Diocesi di Beira


 Carissimi amici,

stiamo iniziando oggi una nuova settimana e un nuovo mese, il mese di Aprile che ci porta a camminare a grandi passi verso la Pasqua di Risurrezione. Sono passati 17 giorni dall’arrivo del terribile ciclone Idai che fatto precipitare Beira e la Provincia di Sofala in una situazione di emergenza e grande necessità, ma nonostante tutto non mancano le testimonianze e i segni di speranza che dicono la voglia di ricominciare e di andare avanti, facendo tutto quello che è possibile in questo momento.
La chiesa di Macuti prima del Ciclone
Un segno di vita e speranza lo abbiamo colto ieri nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù - Macuti dove è stata celebrata la messa con la presenza del nostro pastore, il Vescovo Claudio. Questa parrocchia, per la

Dopo il ciclone
sua posizione molto prossima al mare, è stata la più colpita dal ciclone che l’ha praticamente distrutta. Dopo un primo tempo di smarrimento, di lacrime e di dolore, i parrocchiani stanno mostrando una grande forza di unione e di appartenenza.
Questo si è reso visibile nel grande lavoro di pulizia degli spazi parrocchiali dalle macerie della distruzione realizzati durante due sabati mattina e poi dal desiderio che questa messa fosse celebrata proprio li vicino ai resti della loro chiesa. É stata montata una grande tenda adibita a spazio celebrativo, con un altare provvisorio, il resto delle sedie e dei banchi che si sono salvati, ma tanta gente era fuori, in piedi, l’importante è stare uniti e vivere intensamente questo momento.
La tenda ha una simbologia molto forte, ci ricorda la provvisorietà del nostro cammino di vita e la necessità di non aggrapparci alle cose e alle sicurezze materiali, ma essere capaci di interpretare alla luce della fede le situazioni che si stanno vivendo e confidare nella Provvidenza divina.
Ieri, quarta domenica di Quaresima, in tutte le parrocchie della nostra Diocesi, abbiamo celebrato la messa e pregato per tutte le vittime del ciclone. L’offertorio della messa è stato destinato alle persone più povere di ogni parrocchia. Per questa occasione il vescovo Claudio ha mandato un messaggio che è stato letto in tutte le parrocchie cercando di aiutare i fedeli a trovare un senso cristiano alle esperienze che si stanno vivendo, guardandole nella prospettiva del cammino quaresimale che stiamo vivendo. Il deserto è luogo di povertà, di sofferenza e di tentazione, ma è anche cammino verso il bene, verso la terra promessa, verso la vita in pienezza. La voce del Signore che ci chiama ad attraversare il deserto provocato da questa grande calamità, ci vuole indicare una opportunità di conversione e di crescita. La nostra Diocesi può uscire da questo doloroso passaggio rinnovata, più attenta ai poveri, più unita e capace dei vivere luminosamente la dimensione sociale del Vangelo. Una Diocesi che non si limita alle celebrazioni dentro alle chiese e cappelle, ma forse, passando per le stesse ferite che gli edifici hanno sofferto, può imparare a vivere la carità e la misericordia.
Avanziamo con rinnovato vigore verso la Pasqua, facendo tutto quello che ci è possibile per diminuire la sofferenza dei nostri fratelli e rialzare la nostra fronte, collaborando tra famiglie, comunità e parrocchie. Il Signore Gesù cammina con noi in questo duro deserto quaresimale di quest’anno 2019, condivide la nostra sofferenza affinché un giorno possiamo condividere la sua vita.
Commissione di Emergenza ciclonica

Beira, 01 di Aprile 2019

Comunicato del responsabile dei Padri Bianchi


Ai Confratelli, amici, benefattori e persone di buona volontà, alcuni giorni fa vi ho inviato un messaggio urgente per informarvi della nostra situazione nell’immediatezza della catastrofe che ci ha colpiti e per chiedere aiuto e sostegno.
Da allora il Vescovo di Beira ha convocato una riunione urgente dei collaboratori pastorali per iniziare a conteggiare i danni e prevedere le nostre prossime mosse. Senza contare coloro che hanno perso la vita, la gente ha un bisogno enorme di cibo, acqua potabile e alloggio.
In alcuni casi la gente ha saccheggiato i negozi per avere cibo e senza temere la presenza della polizia. Non siamo sicuri che gli aiuti alimentari potranno arrivare dappertutto. La maggior parte delle chiese parrocchiali o cappelle succursali sono in rovina o senza tetto. Così come molti conventi o canoniche.
Ogni attività pastorale è stata sospesa per stare con la gente e cercare di condividere la loro sofferenza e cercare di portare incoraggiamento collaborazione e speranza. Ci interroghiamo tutti sul senso di ciò che è accaduto e chi chiediamo che cosa il Signore abbia voluto farci capire attraverso questa calamità.
La 4 Domenica di Quaresima è dedicata alla preghiera per tutte le vittime del ciclone Idai. In ogni parrocchia di farà una colletta per aiutare i bisogni più urgenti. Ma la triste realtà e che al mercato i prezzi di ogni cosa sono saliti alle stelle. Soprattutto quelli dei generi alimentari e dei materiali da costruzione.
Al nostro Centro di Formazione di Nazaré hanno iniziato a sgomberare il terreno da tutte le macerie in modo che si possa circolare senza percolo di farsi del male inciampando in ogni genere si rottame e di alberi caduti. Finora manca l’elettricità. Solo pochi ‘eletti’ ne hanno l’uso e in città a Beira non ci sono più generatori elettrici in vendita ; bisogna farli venire dalle altre città del paese.

Chi ha perduto la casa riceve una tenda dalla Croce Rossa. 
I campi sono stati completamente inondati o portati via dalla corrente impetuosa e già pensiamo alla carestia che sorgerà nei prossimi mesi. Non siamo ancora in grado di fornire stime più o meno esatte sui bisogni soprattutto economici per riparare i danni causati da questa catastrofe e per venire in aiuto a coloro che hanno bisogno di tutto. Lo stiamo facendo pian piano. Neanche possiamo ancora dire quanto ci costerà riparare e rimettere in funzione le nostre strutture. Regna ancora un caos generalizzato che non aiuta a riflettere pacatamente. Ma poco a poco cercheremo di vederci più chiaro e vi terremo informati.


Boris Yabre, M.Afr. Delegato Provinciale

Per il testo integrale:  francese  inglese

Comment aider le secteur du Mozambique

How to help the Mozambique Sector



Ultimi dati ufficiali


Le autorità mozambicane hanno comunicato stamattina che i morti accertati sono 598 e i feriti 1641; le persone colpite,cioè quelle che hanno perso la casa, o non hanno cibo o che hanno bisogno di qualche tipo di assistenza sono quasi un milione. Le aule danneggiate sono 3.344; 150.854 gli alunni interessati. Nei 136 centri di assistenza sono ancora alloggiate più di 130mila persone.
Sul terreno sono presenti un migliaio di persone specializzate per i primi soccorsi in questo tipo di calamità, 22elicotteri, 42 navi, 25 aerei, tre fregate, 15 camion e 17 droni.

sabato 30 marzo 2019

Mozambico. Zona colpita dal ciclone. Dati aggiornati

Ecco i dati aggiornati a oggi, sabato 30 marzo, riferenti al disastro che ha colpito la zona centrale del Mozambico.

Questa mattina  l'istituto nazionale per la gestione delle calamità (INGC) ha aggiornato la situazione. Le vittime ufficiali sono 501. Questo numero purtroppo è provvisorio e non tiene conto delle vittime in zone lontane dai maggiori centri abitati. Nella località di Dombe, (vedi nella mappa) dove c'è una comunità di Padri Bianchi, una suora brasiliana dice che le persone colpite dall'alluvione sono 450, solamente in quella zona. Probabilmente il governo vuole avere l'assoluta certezza dei fatti prima di renderli pubblici.
Quello che segue è un vero e proprio bollettino di guerra: i feriti sono 1.523; 843.723.le persone colpite; 3318 le aule danneggiate; 150.854 gli alunni interessati, 53 ambulatorI/cliniche distrutti, 669.903 colture allagate, 56.095 le abitazioni totalmente distrutte e più di 28mila quelle parzialmente danneggiate.
Sul fronte delle buone notizie l'lNGC riferisce che furono salvate 140.784 persone e che 29.098 sono assistite. Nelle province di Sofala, Manica, Tete e Zambézia sono stati creati 161 centri di accoglienza/assistenza.

Preoccupano inoltre i casi di colera rilevati a Beira (140 ieri) e un numero imprecisato a Nhamatanda, a cento km dal capoluogo di provincia 

 Nelle foto, i mezzi di fortuna con cui gli abitanti della regione di Dombe hanno cercato di salvare le persone sorprese dall'inondazione avvenuta di notte.

Bidoni, fusti di banano, cortecce d'albero: imbarcazioni improvvisate che hanno tratto in salvo decine o forse centinaia di persone rifugiatesi sui tetti e negli alberi.


Suor Miriam, brasiliana, che vive e lavora a Dombe da vari anni, in un'intervista alla Radio televisione portoghese dice che nella zona sono 450 le persone che sono morte travolte dai fiumi in piena. Centinaia di povere abitazione sono state spazzate via. Ogni giorno nuovi cadaveri vengono recuperati sotto la sabbia che ha invaso campi e orti distruggendo tutti i raccolti.La caritas diocesana aiuta con distribuzione di riso, farina di granoturco e olio per cucinare.  
Ecco l'intervista (in portoghese)

mercoledì 27 marzo 2019

Il Mozambico colpito dal ciclone. Il lento e difficile ritorno alla normalità.

Lentamente, dopo lunghi giorni in cui Beira e dintorni sembravano immerse in un incubo senza fine, qualche parvenza di normalità sta tornando. Domani, a due settimane esatte dall'arrivo del ciclone Idai, le scuole e le facoltà universitarie tenteranno di riaprire i battenti. Non è sicuro che dappertutto si riesca anche perché si potrebbero scoprire che pur con tutta la buona volontà, in alcuni casi mancano le condizioni minime per riprendere le lezioni.


Parziale vista aerea della città di Beira prima del ciclone
Luce e acqua stanno tornando ma con una grande differenza da zona a zona. In varie sezioni della città di "cemento" ci sono sia l'una che l'altra; man mano che ci si allontana dal centro manca o l'una o l'altra o entrambe. Molta gente è obbligata a bere l'acqua di pozzi che non offre nessuna garanzia contro infezioni divario tipo. Il governo sta promuovendo una campagna di promozione per allertare la popolazione contro i rischi di bere acqua contaminata e ha fatto distribuire migliaia di kit per la purificazione di quel liquido vitale.
Si continua con la pulizia e lo sgombero dei detriti. Di ricostruzione si parla ancora poco perché mancano il materiale e i finanziamenti per avviarla e in ogni caso ci sono troppe emergenze da risolvere prima che si pensi ad un piano serio.
Non mancano le voci di chi consiglia a molta prudenza: i cambiamenti avvenuti attorno alla città e nel suo interno non fanno presagire molto di buono.
Quando si parla del futuro di questa città infatti, c’è un aspetto che non dobbiamo dimenticare, reso noto da uno studio dell' INGC (Istituto nazionale per la gestione di calamità naturali) nel 2009. In previsione di un innalzamento del livello del mare dato per certo, una parte della città finirebbe sott’acqua entro il 2030. Diventa quindi imperativo, passata l'emergenza, ripensare completamente il progetto di (ri)costruzione in aree vulnerabili.

Le acque dei fiumi Buzi ePungue continuano ad abbassarsi e questa è una bella notizia. Si teme però che affioreranno molte vittime per ora date per disperse. Ieri, con il ritrovamento di 37 cadaveri in avanzato stato di decomposizione nella zona di Dombe, il numero delle vittime aveva superato le 500 

lunedì 25 marzo 2019

Mozambico. Il dopo-ciclone.

Alcune buone notizie...

L’autostrada EN 6 che collega la città di Beira al resto del Paese e allo Zimbabwe è stata rattoppata nei punti in cui l’ondata di piena si era portata via dei tratti.. Questo significa che il trasporto di persone e di materiale per affrontare l’emergenza diventa molto più semplice.
In alcune zone della città è stata ripristinata l’energia elettrica anche se si tratta di zone molto limitate. Resta moltissimo da fare, cominciare dalle decine di pali della luce e di tralicci di alta e media tensione che sono stati sradicati dalla forza del vento e dai fiumi esondati. Anche l’acqua è tornata a sgorgare dai rubinetti alimentati dalla rete idrica. Questo significa accesso all’acqua potabile dopo dieci giorni in cui molti sono stati obbligati a bere e usare acqua contaminata e infetta.
I fornitori di reti cellulari e di internet sono riusciti a ristabilire la rete di comunicazione che era stata gravemente danneggiata.
I livelli dei fiumi Pungwe e Buzi si stanno abbassando ma la cittadina di Buzi (che sorge alla foce del fiume omonimo) rimane isolata. Sono soprattutto dei privati che trasportano i passeggeri verso Beira con ogni tipo di imbarcazione (spesso di fortuna) e si parla di un aumento significativo del “biglietto” anche se ricevono 100 litri di carburante per il servizio che offrono.

Da parte sua,  la Caritas diocesana è riuscita ad allestire tre serbatoi di acqua potabile nelle scuole Samora Machel e Amilcar Cabral e nella parrocchia di Sao José di Cluny.
Il salone del centro pastorale Dom Sebastiao è stato trasformato in magazzino e insede operativa della Caritas. I padri di Mafambisse (a una quarantina di km dalla città, lungo la EN6, si prodigano per garantire un pasto al giorno ai bambini alloggiati nei cinque centri (con 100 bambini ognuno) allestiti in quella località.


…e quelle brutte

Il numero ufficiale dei morti è salito a 450 nel solo Mozambico. Migliaia sono i dispersi di cui non si hanno notizie da venerdì 15. I centri di prima accoglienza per i senza tetto danno ospitalità a 110mila persone. In molti rioni le persone sono costrette a vivere nell’acqua putrida che circonda le loro abitazioni. Molte case non hanno un tetto per cui si è esposti alla pioggia che, pur in maniera più leggera, cade a tratti e al sole cocente di questa stagione. Si temono epidemie di colera e di tifo mentre acute forme di diarrea e di dolori intestinali sono già all'ordine del giorno. Si è registrato anche un forte aumento dicasi di malaria dovuto al fatto che migliaia di persone dormono senza la protezione delle loro case e senza zanzariere.
La casa parrocchiale di Sao Benedito (qui sopra) che fa parte della missione costruita da padre Cesare Bertulli (padre bianco) all’inizio degli anni cinquanta, è stata gravemente danneggiata.

Segnalo anche il breve documentario della BBC sulle conseguenze del ciclone Idai nella provincia di Sofala.