Lunedì 11
Dopo 5 anni di assenza (se non conto la breve visita di tre
anni fa) eccomi di ritorno in Mozambico. Atterro all’aeroporto internazionale di
Maputo alle 9.30 del mattino, accolto da una piacevole temperatura di 22°.Il
volo da Malpensa passando per Doha è andato via liscio. Da porta a porta
(Fuipiano – Maputo) ci sono volute 24 ore inframmezzate da piacevoli pause. I
due velivoli erano pieni per un terzo –segno forse che la “normalità” non è
ancora tornata – e questo ha reso il viaggio più piacevole. Ad aspettarmi
all’aeroporto c’era Coco, moglie dell’amico Bertrand. È in casa di questa giovane coppia francese con
i loro due bambini che sono alloggiato perché per il momento sono “senza fissa
dimora”!
Il pomeriggio, dopo una bella siesta ristoratrice, sono andato a fare
due passi con Coco sul lungomare. Mi sono ricordato di quando ho percorso
questo tratto 33 anni fa, in compagnia di padre Alberto che mi aveva accolto al
mio arrivo a Maputo. Allora infuriava ancora la guerra civile, il paese era
inginocchio, le infrastrutture collassate, le strade piene di buche con poche
macchine a circolarvi. Oggi l’arteria che costeggia il mare è un’ampia strada a
quattro corsie, costeggiata di palazzi, ristoranti, uffici, negozi e abitazioni
per la maggior parte nuove. Alla sera ci si ritrova con un’altra coppia di
amici di lunga data, Stefano e Serina, per festeggiare l’occasione.
Martedì 12
Il mattino cerco di mettermi in contatto con l’arcivescovo ma il
segretario mi dice che è occupato e che potrà ricevermi solo domani. Decido di
passare dalla nunziatura apostolica per presentarmi ma anche il nunzio è
indisponibile perché in viaggio. Procedo allora verso il Seminario S. Pio X
dove ho trascorso 4 anni come professore e formatore negli anni 90. Incredibilmente
la signora che lavora alla reception mi riconosce a più di 30 metri di distanza
pur nascosto da mascherina e occhiali da sole e dopo 5 anni di assenza!
Già, la mascherina. Ancora obbligatoria quando si entra in locali
pubblici o sui mezzi e in caso di affollamento. Ufficialmente ieri ci sono stati
solo 15 nuovi casi su una popolazione di più di 30 milioni, e nessun decesso.
Alle 11 di sera tutto dev’essere chiuso e quindi verso le 10 quasi nessun
locale rimane aperto. Fa discutere la decisione di proibire l’accesso alle
spiagge, giustificato però dalle autorità a causa della folla che si era riversata
sulla costa 15 giorni fa in occasione di una breve riapertura. Si attendono
sviluppi, soprattutto con l’estate ormai alle porte.
Mercoledì 13
Verso le 9 del mattino vengo ricevuto dall’arcivescovo di Maputo, il
cappuccino Francisco Chimoio che conosco fin dai tempi in cui era giovane frate.
Dopo aver parlato un po’, mi chiede se ho tempo e voglia di andare a vedere la zona
dove ci chiede di installarci. Accetto prontamente e ci sistemiamo nel suo
pickup Toyota con lui alla guida, rigorosamente nel suo saio francescano. Mi
colpisce che non abbia l’autista e che la macchina sia un semplice camioncino,
senz’aria condizionata. San Francesco docet…
Ci avviamo verso Boane, località a una quarantina di chilometri dal
centro di Maputo. È un tratto di strada in buono stato ma molto trafficato e con gli
immancabili lavori in corso che ci costringono a continui rallentamenti.
Arriviamo sul luogo dove sorge una piccola chiesetta costruita nel periodo
coloniale quando era usata come luogo di culto soprattutto dai militari e dalle loro
famiglie che vivevano nella vicina base. Adesso si utilizza il salone accanto e,
in tempo di Covid, gli spazi aperti tutt’attorno. Mentre stiamo parlando, uno
dei laici che ci accompagna, ci dice di aver ricevuto un messaggio da parte del
Provinciale dei Padri dei Sacri Cuori (quelli di padre Damiano per intenderci, l’apostolo
dei lebbrosi, immortalato nel film Molokai) che ci invita a visitare la loro
casa situata nelle vicinanze. Si tratta di una struttura molto grande, lasciata
dalla congregazione tre anni fa, dove vivono alcuni laici per impedire che la
casa vuota venga saccheggiata. Così partiamo alla volta dell'abitazione che dovrebbe
diventare la residenza della comunità di cui sono il pioniere. Certo, ci sarà
molto da fare per renderla abitabile e accogliente ma mi sembra strutturalmente
sana. Tornando in città l'arcivescovo mi invita a pranzo e ci sediamo ad una tavola lunga 15 metri, per fortuna non alle estremità opposte!
Giovedì 14
Coco, la padrona
di casa, mi invita ad andare con una sua amica alla località di Ponta de Ouro
per visitare un progetto comunitario culturale-ludico pensato soprattutto per i bambini.
Ponta de Ouro è una rinomata stazione turistica all’estremo sud del Paese, distante un
centinaio di km dalla capitale. Come in tante altre parti del mondo, il Covid ha avuto pesanti ripercussioni sulle attività legate al turismo. Molti
locali sono ancora chiusi e i primi turisti, soprattutto sudafricani, cominciano solo ora a riapparire. La
cittadina ha un’aria spenta e dimessa. Inoltre le spiagge sono ancora chiuse (più precisamente a Ponta è proibito entrare in acqua!) ed è un peccato perché ieri avremmo fatto volentieri un bagno nelle acque
trasparenti etiepide dell’Oceano Indiano visto e considerato che alle 3 del pomeriggio la colonnina di
mercurio indicava i 38 gradi!